Risalgo l'argine al termine di via Viola, una stradina sterrata che sembra condurre alla fine del mondo, ed improvvisamente me la ritrovo davanti: la colonia elioterapica “Arnaldo Mussolini” di Pieve di Cento è immersa nella golena del Reno, in località Botta, silenziosa testimone di un tempo che non esiste più.
Siamo alla metà di marzo ed il clima non è ancora cortese. Un vento insistente e freddo soffia sugli argini e la vecchia colonia è lì, un rudere incollato alla terra, con gloriosi momenti ormai alle spalle.
La colonia, finanziata dal Comune di Pieve di Cento e dalla Cassa di risparmio locale, venne edificata nel 1928 ed ampliata nel 1932 con il padiglione “Arnaldo Mussolini”, per ospitare un centinaio di ragazzi e bambini pievesi entro i 12 anni durante il periodo estivo, come alternativa ai soggiorni marini. Essendo una colonia diurna fu progettata di piccole dimensioni, con il corpo principale lungo e stretto a due piani, ambulatorio medico e cucina, ed un corpo secondario ad un solo piano che ospitava bagni e spogliatoi per i piccoli coloni, dotato di una terrazza solarium con un avveniristico sistema di produzione solare dell’acqua calda mediante tubazioni a pavimento.
Ma la colonia non è solo questo. Si tratta infatti anche di un originale monumento dedicato alla memoria dei caduti in guerra, decorato con numerosi fregi e scritte che ci consentono una “lettura” dell'edificio a livello storico e culturale.
I quattro stemmi agli angoli dell'edificio principale sono stati eseguiti da un artista locale, Busi Berlinghiero (1888-1935) e rappresentano il Comune di Bologna (angolo sud-est), il Comune di Pieve di Cento (angolo sud-ovest), l'Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra, tre spade circondate da una corona di spine (angolo nord-ovest), l'elmetto da soldato (angolo nord-est), ormai crollato, purtroppo.
Completano il monumento le iscrizioni dedicatorie che corrono nella cornice del sottotetto e nel cornicione marcapiano. Sulla facciata nord l'iscrizione “Pieve ai Caduti per la Patria” a ricordo dei caduti della prima guerra mondiale. Sulla facciata sud, l'iscrizione “Gioventù che d'Italia è il nuovo seme matura in questo solco al nuovo sole” è la dedica ai giovani Balilla.
Sul lato est è incisa la scritta “MCMXXX” (1930), sul lato ovest la scritta “A VIII”. E' possibile che queste iscrizioni siano state apposte nell'anno ottavo del calendario fascista, a seguito di un evento particolare del quale però non è stato possibile recuperare informazioni. In origine, nel frontone erano murate tre lapidi: due riportavano l'elenco dei nomi dei caduti pievesi, la terza il Bollettino della vittoria.
Un tempo era presente inoltre una passerella che dall'argine golenale permetteva l'ingresso all'edificio principale della colonia anche in tempi di piena.
La colonia è circondata da un paesaggio suggestivo, che ancora conserva un aspetto rurale. Un'immagine d'epoca ci mostra il cortile popolato di piante e arbusti che un tempo si trovava dinanzi al lato nord dell'edificio. Confrontandola con una foto attuale mi rendo conto di quanto il suolo si sia innalzato a seguito delle numerose piene che si sono susseguite nel corso degli anni.
L'attività delle colonie era di particolare interesse per il regime fascista che mirava a crescere bambini sani, socialmente educati all'ubbidienza ed abili a future azioni di guerra. Le visite per verificarne la corretta conduzione erano una pratica piuttosto comune. Questa colonia fu visitata da importanti personalità nel corso degli anni '30, come sua eminenza Buttafuochi il 22 luglio 1933, accompagnato dalla segretaria provinciale del fascio femminile, Signora Collina, e il Geometra Vittorio Caliceti, il Prefetto ed il Commissario Federale il 23 agosto 1934.
Nel dopoguerra, queste strutture cominciarono a perdere gradualmente d'importanza. Il Comune di Pieve di Cento organizzò per l'ultimo anno la colonia nell'estate del 1949. Negli anni successivi, i bambini vennero orientati al mare o in montagna da vari enti come Comune, Parrocchia, Industrie.
Il 14 agosto 1951 la colonia elioterapica di Pieve passò al Genio Civile per la cifra di 1.550.000 lire, una somma importante per l'epoca che pare il Comune abbia impiegato nella costruzione di una scuola elementare. Ma questo segnò la fine dell'epoca della Colonia, che fu abitata fino al 1960 ma poi abbandonata definitivamente nel 1963.
E così, priva di considerazione e protezione da parte dell'attuale proprietà (il Demanio) si è ridotta allo stato che ora possiamo vedere: un rudere dal tetto crollato, stretto sempre più dall'edera che lentamente si sta arrampicando sulle pareti, con stemmi crollati ed iscrizioni ormai quasi illeggibili.
I pievesi, però, non dimenticano questa parte della golena dimenticata dalle istituzioni e conservano
un profondo e bellissimo ricordo dei momenti trascorsi dai loro nonni, dai loro padri o da essi stessi nella colonia.
E non sono gli unici a sostenere che questa struttura meritasse di essere oggetto di un progetto di riqualificazione.
Elisa Botti, studentessa della Facoltà di Ingegneria e Architettura dell'Università di Bologna, nella sua tesi del 2020 dal titolo “Architettura e campagna. Un Ecomuseo per il fiume Reno a Cento”, propose la riqualificazione dell'area attraverso la creazione di piste ciclabili, il ripristino ed il prolungamento della passerella fino alla sponda centese del Reno che rigirandosi su sé stessa avrebbe generato due “nodi” rappresentanti il fulcro architettonico del lavoro: l’Ecomuseo del Reno e della Colonia e una torre panoramica.
Nell'abstract, la studentessa definisce strutture come questa un “episodio architettonico”, termine che sinceramente apprezzo e trovo molto adeguato per l'impatto, politico, culturale, educativo, ma anche ludico, che le colonie fluviali hanno avuto sul territorio in un preciso momento della nostra storia.
Sfortunatamente, penso mentre mi allontano dalla colonia risalendo l'argine controvento, l'Ecomuseo per il fiume Reno e forse anche altre proposte di riqualificazione che possano essere state eventualmente avanzate, rimangono progetti irrealizzati.
I caduti continuano ad essere tali, ma questo monumento che li ricorda si deteriora ogni giorno di più, come una “pietra stanca” del tempo passato inutilmente nell'abbandono. E le pietre non hanno memoria a lungo.
Una maledizione, quella di dimenticare, che colpisce anche ed in particolare gli uomini. Sono gli unici che potrebbero fare qualcosa di concreto, eppure preferiscono voltare le spalle a quanto rimane della loro stessa storia. Il caso della Colonia “Arnaldo Mussolini” non fa eccezione a questa regola. Almeno fino a prova contraria.
Links e documenti utili alla scrittura dell'articolo:
- Le fotografie pubblicate da Gianluca Cludi sul gruppo Facebook “La Piazzetta delle Catene” ed i commenti dei lettori, sono state particolarmente utili per ricostruire la storia della colonia. Ecco a seguire i links:
- https://www.facebook.com/groups/160303957363242/posts/4299765923417004
- https://www.facebook.com/groups/160303957363242/posts/1487781584615466
- https://www.facebook.com/groups/160303957363242/posts/1896116227115331/
- https://www.facebook.com/groups/160303957363242/posts/1466237510103207/ - “ Architettura e campagna. Un Ecomuseo per il fiume Reno a Cento” - tesi di laurea di Elisa Botti dell'Università di Bologna (2020)
- “Pieve di Cento. Monumento ai caduti della prima guerra mondiale (1928-1932)”
- “Opera d'arte di Busi Berlinghiero (1888/ 1935), a Pieve di Cento”
- “Pieve di Cento, monumento ai caduti” - a cura dei Beni Culturali Emilia-Romagna
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Le immagini scattate durante il sopralluogo presso l'abbandonata Colonia Elioterapica di Pieve di Cento sono pubblicate nell'album “Urbex – Colonia elioterapica Pieve di Cento”.