Osservo dall'alto dell'argine del fiume Po l'estensione del Monastero di San Lorenzo alle Caselle di Gaiba, in provincia di Rovigo. Sono solo ruderi, mi dico, eppure c'è qualcosa di ancora maestoso ed imponente in quelle vecchie mura tra le quali la vegetazione si è fatta strada col passare del tempo.
Il Monastero appare ancora oggi come un grande complesso del quale si intuiscono da subito le antiche origini. Il primo nucleo di Gaiba è infatti sorto proprio attorno ad esso.
Si racconta che attorno all'XI secolo un gruppo di frati benedettini venne mandato qui dall'Abbazia di Pomposa, allo scopo di ricavare fertilità da queste terre povere e paludose.
E' ragionevole pensare che il Monastero Benedettino di Caselle risalga a prima della rotta di Ficarolo del 1151 e che sorgesse probabilmente su un'altura che dominava la palude, al punto da apparire come il più importante centro della bonifica che la pianura gaibanese abbia mai avuto.
Oltre a questo, il monastero si distinse per la vita religiosa, per l'accoglienza ai viandanti, per l'allevamento di "razze di cavalle" con ricettari veterinari di grande interesse e per la coltivazione di semi vari (grano, fave, miglio, panica, sorgo e granoturco), che commerciavano in modo totalmente esente da dazi.
Ma, a quanto pare, il monastero è celebre anche per ospiti illustri. L'umanista Guarino Guarini raccontò infatti che nell'anno 973 i frati Benedettini di Caselle accolsero per undici giorni nientemeno che l'Imperatore Ottone II, che in quel periodo era impegnato in una campagna di riconquista dell'Italia Meridionale occupata dai bizantini.
La rotta di Ficarolo mutò completamente l'equilibrio territoriale raggiunto in questa zona: il fiume Po si creò un nuovo corso proprio nel mezzo dell'isola in cui si trovava il Monastero e i monaci videro cancellati in poco tempo gli sforzi di secoli per risanare questa vasta area. Ma fortunatamente erano uomini pazienti, accorti, molto devoti e riuscirono a mettere di nuovo in sesto la regione danneggiata dalla calamità dell’alluvione.
I frati si occuparono di queste terre fino al 1700, nonostante le diverse possessioni che si avvicendarono nel corso dei secoli. Questi territori furono infatti a lungo contesi tra Venezia e Ferrara e di conseguenza il Monastero di San Lorenzo fu soggetto a diverse giurisdizioni: a San Marco di Ferrara, a San Benedetto, ai Canonici di San Frediano di Lucca, all'Abbazia di Pomposa ed ai Benedettini di Padova.
Poi arrivarono le truppe di Napoleone e una volta scacciati gli ultimi frati il possedimento fu messo all’asta e acquistato da privati.
Da quel momento, mancano fonti utili a spiegare come il monastero sia arrivato al degrado che vediamo oggi.
Possiamo affidarci solo a ciò che ne è rimasto ed ipotizzare come poteva essere un tempo: un complesso circondato da un'antica cinta muraria (che forse prevedeva anche una torretta d'avvistamento), a pianta quadrata, costituito da diversi fabbricati probabilmente uniti come a creare un ferro di cavallo, magari attorno ad una piccola corte centrale con un pozzo. Immagino anche un orto, il refettorio, un ricovero o stalla per gli animali e tutto quello che serviva a condurre una vita ritirata, ma nello stesso tempo in grado di rispondere alle funzioni di ospitalità alle quali i frati si dedicavano.
Esternamente alle mura, probabilmente costruito successivamente al monastero, si trova l'oratorio di San Lorenzo, luogo di comunicazione religiosa tra i frati e il popolo delle Caselle. Fu dedicato alla Madonna del Latte solo dal secolo scorso, in memoria di un miracolo che presumibilmente avvenne in soccorso di una madre che supplicò Maria di disporre di latte per il proprio figlio neonato morente.
All’interno sono conservate preziosissime colonne di puro marmo di Carrara, ancora intatte dopo tanti secoli.
Come ogni luogo antico che si rispetti, anche questo ha le sue leggende: si narra infatti di un misterioso tunnel sotterraneo che avrebbe collegato il Monastero di San Lorenzo al Convento della Canova, in via Argine Valle e sarebbe stato utilizzato anche come luogo di sepoltura dei corpi dei frati defunti, alla maniera di una catacomba.
Mentre mi allontano dal monastero, percorrendo a ritroso la strada sull'argine del Po dalla quale sono venuta, una fresca brezza proveniente dal fiume mi scompiglia i capelli.
Mi domando, non senza un po' di malinconia, in quale modo i viaggiatori del domani potranno accorgersi che qui è esistito qualcosa di importante per il territorio ed interrogarsi sulla sua storia, se si lascia che il tempo e l'incuria ne riducano in polvere i resti.
E' una colpa, io penso, che a questo punto non è possibile attribuire alla furia del fiume.
Bibliografia, links, documenti ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:
- Comune di Gaiba, Provincia di Rovigo – Le "Caselle"
- "Carta archeologica medievale del territorio ferrarese" di Stella Uggeri Patitucci – Vol. 1 – Ed. All'Insegna del Giglio (2002) – Pag. 48, Punto 19, Le Caselle.
- Gaiba, chiese e luoghi di culto a cura di ilpolesine.com – Monastero alle Caselle.
- Monastero di Santa Croce su Wikipedia: un monastero la cui storia si intreccia con quello di Gaiba.