Locanda della Tramvia di Pieve di Cento: la memoria di Filizon

Siamo a Pieve di Cento, in un sabato sera di metà febbraio. Stasera abbiamo prenotato alla Locanda della Tramvia, detta “Da Filizon”. Da fuori sembra un semplice bar, forse un po' vecchio stile, ma una volta entrati si accede ad un locale con diverse sale interne. Il proprietario è Remo Toselli e la sua famiglia lo gestisce da ben tre generazioni.

 

Locanda della Tramvia Pieve di CentoL'attività della locanda è cominciata infatti nel lontano 1903, quando circolavano ancora carrozze e cavalli accanto ad una neonata linea ferroviaria, la Tramvia Bologna-Pieve di Cento-Malalbergo, che per più di cinquant'anni avrebbe attraversato le nostre campagne.

La locanda è nata come luogo di ristoro, in particolare per i viaggiatori della vicina tramvia, e come punto di sosta per i pellegrini che si recavano alla chiesa della Collegiata.

Locanda Da Filizon Pieve di CentoE' intitolata al bisnonno di Remo, Felice Toselli, un uomo la cui corporatura e altezza gli valsero il soprannome (scucmai) di “Filizon”.

 

Nel locale pare che il tempo si sia fermato agli anni '70: il pavimento a tasselli, i pannelli in perlinato ai muri con vecchie foto della tramvia e di celebrità in bianco e nero, gli orologi fermi, le chitarre appese alle pareti del bar, i cartelli scritti a mano, le “sedie paesane” dall'impagliatura consumata, le vecchie stufe a legna, etc.
E' un locale che i più definirebbero “alla buona”, ma io preferisco dire che ha un modo d'essere tutto suo e che conserva intatta una certa tradizione famigliare e locale.


Tramvia Bologna-Pieve di Cento-MalalbergoMaria e il figlio Remo hanno infatti mantenuto il menù tradizionale di pietanze esclusivamente emiliane preparate in casa.

E' Remo ad illustrarcelo direttamente, dopo averci fatto scegliere il vino della serata, un buon Sangiovese Superiore dell'Azienda Agricola Bassi di Calderara di Reno, dal colore intenso e strutturato, particolarmente idoneo a quello che mangeremo questa sera.

 

Locanda Da Filizon Pieve di CentoRemo ci propone prima un antipasto a base di insalata di radicchio con cubetti di pancetta e carpaccio di prosciutto. Poi passiamo ad un primo di passatelli asciutti, leggermente saltati in noce di burro con parmigiano grattugiato. I passatelli, trasferiti direttamente ai piatti da una grande padella calda, sono la specialità della casa, un vero piacere per il palato che farebbe cambiare idea anche ai non appassionati di questa pietanza.

Passatelli della Locanda della Tramvia Pieve di CentoCome secondo scegliamo il controfiletto tagliato in fette sottili ed il bollito di manzo con polpettone e patate al forno.

Le porzioni sono abbondanti, servite su piatti semplici e senza troppi decori. Le carni e gli affettati sono sempre guarniti da chicchi di sale grosso. Questo aspetto può non essere gradito dal palato di tutti, tuttavia richiama alla memoria i tempi delle vecchie osterie nelle quali, più che al cibo, si pensava a far bere le persone.

Il tempo scorre lento in locanda. Passiamo al dolce, al caffè ed ai liquori dopo lunghe pause impiegate a conversare con Remo, che ha una risata ed un modo di fare coinvolgenti, ma soprattutto tante storie da condividere con gli ospiti.

La locanda è infatti ancora luogo di ristoro per quanti, anche a notte tarda, si trovino a passare da qui. Gli spassosi aneddoti che nel tempo hanno coinvolto gli avventori del locale, sono diventati parte integrante della storia della locanda e come tali vengono raccontati e tramandati da anni ed a volte anche da secoli.

E tra una storia e l'altra, ci ritroviamo davanti alla zuppa inglese della casa, trasferita direttamente sul piatto da un'enorme ciotola, ed alla “parure” di liquori che a nostra scelta decidiamo di gustare. Vi consiglio, senza esagerare, il “Rosolio di cannella” della Distilleria Mantovani, con una nota piacevolmente piccante al peperoncino.

 

Locanda Tramvia Pieve di Cento interniMi prendo un momento per assaporare una sigaretta nel cortile interno della locanda. Qui, immagino, si trascorrono piacevoli momenti in compagnia nelle calde sere d'estate, quando tutti sono in vacanza ed il paese è quasi deserto e molto più silenzioso.

Ci sono delle strette scale che portano al piano di sopra, la residenza collegata alla locanda. Ho l'impressione di essere trasportata in un tempo lontano da questo, nel quale dominano gli aspetti più semplici ed essenziali dell'esistenza: qualcosa nel piatto, del buon vino, qualche buon amico, un letto nel quale riposare sotto una calda coperta o con le finestre spalancate.

 

Tornando al tavolo, la mia idea sulla locanda è già piuttosto chiara. E' un locale fuori dagli schemi moderni, un misto di tradizione e, se vogliamo, di pacifica indolenza. C'è un equilibrio, qui, fra il vivere e il lasciare vivere, che si esprime attraverso gesti e sensazioni, più che con le parole. E' un luogo nel quale non abbiamo bisogno di sentirci necessariamente perfetti e che, proprio per questo, è in grado di trasmetterci una sensazione di grande libertà, l'idea di poter essere come più ci piace.

 

Siamo certi che fino ad ora, per generazioni, è sempre stato così. E mentre salutiamo Remo Toselli dopo questa lunga serata, speriamo che questo modo d'essere continui ancora a lungo.

 

 

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