"Mio caro amico, sì, è verissimo, gran parlari si fanno in Bologna intorno uno scavo a Macaretolo, ove trovossi colossale marmorea Statua di uomo togato alla romana, un Capitello ed alcuni ruderi parimente marmorei di grandi e grosse tavole, oltre i mattoni di cotto manubriati a migliaia, e ruderi pure di un quadrato ambiente di cotto e macigno...".
Così scriveva l’entusiasta avvocato Carlo Pancaldi nel 1839, in una lettera indirizzata a Giusto Adriano De-La-Fage, compositore e storico appassionato quanto lui. Aveva assistito di persona al ritrovamento di una delle testimonianze archeologiche più emblematiche della pianura nord di Bologna, precisamente a Maccaretolo, piccola località del comune di San Pietro in Casale.
Si trattava del proseguimento di una lunga serie di scoperte che, fin dal XVI secolo, attestano l'esistenza di antichi insediamenti romani in questa parte della bassa pianura tra Bologna e Ferrara.
Il Museo Casa Frabboni di San Pietro in Casale, con l’esposizione permanente "Pianura romana: villa, vicus, via", custodisce e racconta questa storia attraverso un ricco patrimonio di testimonianze rinvenute nel territorio.
Il percorso espositivo guida alla scoperta delle abitudini quotidiane degli antichi abitanti: dalla vita domestica e produttiva, al commercio, alla sfera religiosa e ai riti funerari che scandivano il tempo nelle campagne romane.
Fulcro dell’esposizione è il vicus romano di Maccaretolo, un nucleo abitato ampio e organizzato, attivo dalla tarda Età Repubblicana fino alla prima metà del IV secolo d.C. Sorgeva su un’ansa verso est dell'antico fiume Reno e al margine di una strada romana, probabilmente la via Emilia Altinate, che collegava Bononia ai territori settentrionali fino ad Aquileia.
Il vicus era dotato di abitazioni, edifici produttivi e magazzini per lo stoccaggio delle merci, che attraverso la strada e il fiume, transitavano da e per l'antica Bononia.
Ma è l’abbondanza e la qualità degli oggetti rinvenuti in secoli di scavi a raccontare qualcosa in più: queste terre — Maccaretolo, Gavaseto, Le Tombe, Massumatico, Galliera, Rubizzano, Cenacchio, Sant’Alberto, Il Poggetto — ospitavano molti edifici dedicati a privati personaggi dell'Impero.
Basti pensare al puteale con dedica ad Apollo e al Genius Augusti, alla già citata statua del togato di Maccaretolo, alla stele funeraria dei Cornelii di Gavaseto o a quella di Q. Manilio Cordo di Sant’Alberto.
E ancora, i ritrovamenti più recenti: nel 1988 un monumentale sarcofago con lunga iscrizione dedicata a Titus Attius Maximus e Rubria Semne; nei primi anni 2000, otto sepolture a rito misto (incinerazione e cappuccina). Tutto questo, insieme al togato e al sarcofago di Tito Azzio Massimo, fa ipotizzare la presenza di più aree cimiteriali distribuite intorno al vicus.
A questo punto, qualcuno potrebbe chiedersi: com’è possibile che i Romani abbiano innalzato templi, ville e monumenti in un territorio considerato vallivo, soggetto ad essere frequentemente sommerso?
Secondo monsignor Floriano Malvezzi, all’epoca non era così: le acque invasero la zona solo successivamente, rompendo gli argini e cambiando progressivamente la fisionomia del territorio.
Altri studiosi ritengono che il vicus ed altre località come Gavaseto, Le Tombe, Massumatico e Galliera si trovassero sul litorale della Fossa Padusa (o Augusta), appena al di sotto dell'immensa area paludosa chiamata Valle Padusa, che si estendeva dal basso mantovano all’Adriatico.
Non a caso, il nome celtico di Galliera, Gal Lyr, significa proprio “al bordo dell’acqua”.
A confermare questa posizione favorevole, il ritrovamento nella zona di Soresano di un grande anello ferreo per fissare gomene, accanto a un rostro ferreo di nave: indizi che suggeriscono la presenza di un antico porto fluviale.
A conferma di questa plausibile teoria, lo storico Landi sostiene che nel 560 a.C. da Roma si mosse una colonia di 3000 uomini per popolare questi territori: "Settanta jugeri di terra ad ogni Cavaliere e cinquanta ne furono assegnati a ciascuno degli altri coloni". Stiamo parlando di enormi possedimenti terrieri e questo significa, secondo Pompeo Vizzani, che la colonia doveva essere composta da persone con un'ottima reputazione presso i Romani, dal momento che ad altre colonie non si aggiudicò mai una estensione di suolo lavorativo superiore agli 8 jugeri per ciascun colono. Perché mai il Senato romano avrebbe inviato uomini di spicco in terre sommerse?
Gli scavi di tante antichità ritrovate in questi luoghi sotto metri di terra danno modo di pensare che all'epoca dell'insediamento questi uomini si trovarono a calpestare un suolo non palustre e acquoso, ma coltivabile e fruttifero. Si pensi alle condizioni con le quali è stata ritrovata la statua del togato: quasi perpendicolarmente capovolta, intatta in ogni sua parte, senza segni di danno devastatore o incendio, come rovesciata dall'impeto dell'acqua.
In effetti, al IV secolo d.C. sono riferibili due accertati fenomeni esondativi del fiume Reno, probabili cause della fine dell'insediamento di Maccaretolo.
Questi uomini romanizzarono il territorio, organizzandolo secondo il sistematico tracciamento della centuriazione, strumento di divisione delle terre in campi quadrati (centuriae), ed avvalendosi del passaggio della via Emilia Altinate e della presenza del fiume Reno ne determinarono la forte vocazione produttiva.
Si pensi alla fornace per laterizi rinvenuta a Gavaseto nel 2006, ai numerosi scarti di produzione (ferro, vetro, ceramica) e all’impressionante quantità di anfore e bolli provenienti da varie zone dell’Impero ritrovati a Maccaretolo: tutti indicatori di un’intensa attività commerciale.
Le ricerche archeologiche hanno anche permesso di definire le tipologie di insediamento in quest’area centuriata: in particolare, si segnalano ville rustiche di piccole e medie dimensioni, come quella emersa presso il centro sportivo di San Pietro in Casale.
Costruita nel I secolo d.C., fu abbandonata dopo un’esondazione del fiume Reno e non più ricostruita. Ne restano due ambienti, sul cui pavimento in terra battuta sono stati trovati numerosi oggetti d’uso quotidiano (piatti, scodelle, bicchieri, brocche e anfore) trascinati dalla corrente e accumulati contro le pareti.
Ma le sorprese non finiscono qui: il percorso espositivo prosegue con lo scopo di testimoniare l'occupazione del territorio nel corso dei secoli, con particolare riguardo al Rinascimento, del quale Giovanni II Bentivoglio fu il grande protagonista. A capo del Senato bolognese dal 1463, egli decise di edificare nel 1482 una delle sue residenze in località Tombe. La presenza dei Bentivoglio influenzò uno sviluppo ulteriore della zona, già interessata da fiorenti commerci perché attraversata da diversi canali e dal fiume Reno. A suggerirlo è un nutrito nucleo di ceramica graffita rinascimentale, rinvenuto in parte a Rubizzano ed in parte a Massumatico, dove si ipotizza la presenza di fornaci per la lavorazione della ceramica.
La visita nella sezione archeologica del Museo Casa Frabboni è davvero una bellissima rivelazione: ne entrerete incuriositi, ma – ne sono certa - una volta usciti osserverete con occhi diversi le campagne che si estendono a perdita d'occhio tra San Pietro in Casale e Galliera quando le attraverserete.
Bibliografia, documenti, link ed altri materiali utili alla scrittura:
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Le Chiese Parrocchiali delle Diocesi di Bologna ritratte e descritte – Tomo III – scheda n. 9 (1849).
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Storia di San Pietro in Casale e di tutte le sue frazioni di Federico Cecconi – Atesa Editrice (riedizione anastatica, 1989) – pagg. 8/10 – 25/33 – 51/54.
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Malalbergo e la Pianura Bolognese: ritrovamenti archeologici di età romana – catalogo della mostra fotografica (1993).
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Mostra fotografica ”San Pietro in Casale: Vecchi e nuovi ritrovamenti archeologici” (2007)
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Altri approfondimenti:
- Un documento epigrafico della pianura bolognese. Qualche spunto di riflessione – di Francesca Cenerini - Epigraphica – LXXXI – 2019
- Il sarcofago romano da Maccaretolo (S. Pietro in Casale, Bologna) – di Jacopo Ortalli – Estratto dagli Atti delle Giornate di Studio "Romanità della Pianura" (S. Pietro in Casale, 7-8 aprile 1990) – Bologna (1991).
- Occupazione romana del territorio di San Pietro in Casale, 187 a.C. ca.-499 d.C. ca. - Catalogo Generale dei Beni Culturali.
- Villa, Vicus, Via, archeologia e storia a San Pietro in Casale – Quaderni di archeologia dell'Emilia-Romagna 35 - Catalogo della mostra, San Pietro in Casale (BO), 1 ottobre 2016-31 gennaio 2017 a cura di Tiziano Trocchi e Raffaella Raimondi – Ed. All'Insegna del Giglio (2016)
- Terre del Reno 2: dai Greci a Carlomagno – video-conferenza a cura del Museo della Civiltà Contadina Rodolfo e Luigi Sessa di Mirabello. -
Documentazione del Comune di San Pietro in Casale:
- Piano Strutturale Comunale (PSC) – Schede di rischio archeologico
- Piano Strutturale Comunale (PSC) – Tavola dei vincoli
- Scheda dei vincoli (Art. 19 L.R. 20/2000 e s.m. e i.) -
Mappa Google MyMaps (in evoluzione) sui ritrovamenti archeologici in Emilia-Romagna.






