Palazzo De Rossi di Pontecchio Marconi: un castello ed il suo borgo

Immerso nella Valle del Reno a Pontecchio Marconi, tra aree naturalistiche protette e vicino a due percorsi importanti, la via della Seta e la via degli Dei, si trova il suggestivo Palazzo De Rossi.

E' una bellissima giornata di primavera e ci avviciniamo al castello lentamente per goderci la vista di questa imponente ed elegante struttura che domina il territorio da quasi sei secoli.

 

Il complesso di Palazzo de' Rossi di Pontecchio MarconiMa anche il luogo in cui il palazzo si trova è antichissimo dal punto di vista storico. Il toponimo Pontecchio pare infatti derivi dal nome latino “Ponticulum”, perché qui vi era uno dei pochi punti di attraversamento del Reno che rese la località particolarmente conosciuta.

In epoca medievale, il nome era invece “Praduro e Sasso”, da cui deriva il toponimo Sasso Marconi. Da ciò si deduce come questo fosse un luogo decisamente poco accogliente per l'agricoltura, soprattutto per i moltissimi detriti portati dal fiume che in questa piana si depositavano. La situazione mutò quando attorno all'anno 1000 in queste zone si insediarono ordini monastici di tipo eremitico che bonificando e costruendo una Chiusa per regimentare le acque e per creare dei bacini utili all'irrigazione, resero questi territori fruibili dal punto di vista agricolo.

 

Territorio di Palazzo de Rossi nel 1625La storia del palazzo si deve ad un'importante famiglia parmense, i Rossi. Fu Bartolomeo Rossi, banchiere di professione, a promuovere nel 1482 la costruzione del castello in questa zona, dove aveva acquistato diversi terreni e, soprattutto, la Chiusa. Bartolomeo vedeva nel Reno un'importante via di comunicazione con Bologna per trasportare merci o per guadagnare denaro da chiunque volesse utilizzare lo stesso mezzo.

L'acquisto dei terreni, lo sfruttamento della Chiusa, la costruzione del castello, del borgo e l'instaurazione di tutte le attività, come i mulini da polvere da sparo, da carta, da cereali della zona, fecero accumulare ai Rossi una ricchezza tale da divenire famiglia senatoria.

 

Palazzo De Rossi, corte internaLa struttura architettonica del palazzo esprime la continua ricerca di comunione tra il cortile interno al castello e la corte del borgo esterno. Il portone ed il ponte sopra il canale erano e sono ancora l'elemento di congiunzione fra due realtà estremamente diverse ma unite e dipendenti le une dalle altre.

Il borgo venne costruito contemporaneamente al castello per la conduzione agricola dei terreni posseduti dai conti Rossi e fu progettato in modo da essere autosufficiente. La torre colombaia fungeva da punto d'avvistamento, deposito per provviste, alcova per piccioni che fornivano il guano usato come concime, richiamo per gli abitanti del borgo attraverso il suono delle campane. Il corpo ovest del borgo era occupato dalle botteghe al piano terra e dalle residenze di artigiani e braccianti al primo piano. Originariamente, qui si trovavano una segheria, una fabbreria, una gualcheria, una falegnameria, una conceria, un'armeria, diverse stalle, un mulino da carta, uno da grano ed uno da polvere da sparo. L'edificio sede dell'attività produttiva (il vero e proprio opificio), il cui aspetto è profondamente mutato nel tempo, è quello adiacente al canale, che per secoli ha rappresentato l'elemento di sostegno per l'economia locale. Del resto, l'acqua era la forza motrice dei mulini e della cartiera, l'elemento base per lavorare le materie prime (macerazione della canapa, sfibratura degli stracci, etc.) e il refrigerante per falegnameria e fabbreria. Ma era anche essenziale per il lavoro delle lavandaie, che nei sotterranei del castello utilizzavano grandi vasche in pietra per lavare lenzuola, panni, abiti, etc.


Torre colombaia, Palazzo de RossiAttorno alla cinta muraria del palazzo, si trovano alcuni orti che un tempo erano più estesi e ad uso e consumo di chi abitava nel borgo, i fabbri e le maestranze della famiglia Rossi. Questi piccoli lembi di terra sono tutt'oggi testimonianza della fiorente produzione agricola del castello.

La chiesa del borgo, dedicata alla Natività della Vergine, ha origini incerte, ma è probabile che risalga a ben prima della costruzione del castello, ai tempi in cui qui erano presenti i monaci regolari. Nel corso dei secoli, i Rossi si sono occupati della sua manutenzione e del suo restauro. L'aspetto attuale è riconducibile alla tipologia degli edifici di culto nel bolognese alla fine del XVIII secolo, nel quale sono avvenuti le trasformazioni più consistenti, anche se si annovera un intervento del Rubbiani agli inizi del '900, che creò un'edicola a sesto acuto sulla parete destra della navata incorniciata in cotto.

 

In fondo al Pratone, dietro ad una fila di pini marittimi, si trovano le scuderie, la cui prima costruzione risale al XV secolo. Le nuove stalle, costruite nel 1770 da Camillo Ottavio Rossi, presentano ancora oggi un solo piano ed una facciata lunga oltre 70 metri e potevano ospitare fino ad un centinaio di cavalli.

 

Fiera del bestiame a Palazzo De RossiL'interno del palazzo, attraverso dipinti, affreschi e bassorilievi, ci racconta la storia della famiglia Rossi e le sue relazioni con personaggi illustri dell'epoca, le tradizioni che qui si svilupparono e l'evoluzione architettonica del castello stesso: dai rapporti coi Bentivoglio nel XV secolo e con la famiglia Vizzani, proprietaria dei feudi sulla riva opposta del Reno, alla visita a palazzo di Papa Giulio II nel 1506 e poi di Papa Leone X nel 1516 (che elevò Pontecchio a contea e quindi i Rossi a conti), di Papa Paolo III nel 1547 e di Torquato Tasso alla metà del '500; dalla “Fiera Di Sdaz”, un evento nato originariamente negli anni '70 del 1600 come fiera del bestiame e poi mutato nel corso del tempo come fiera di tessuti, cioè “Fiera degli Stracci”, all'antica torre un tempo adibita ad avvistamento e difesa del castello demolita nel XVIII secolo per rendere più simmetrico il perimetro del palazzo.

 

Alla fine del 1600 i possedimenti dei Rossi erano innumerevoli: oltre al Castello di Pontecchio ed ai terreni circostanti, c'erano i mulini da carta, da polvere da sparo, da cereali, due palazzi nell'odierna via Santo Stefano, un palazzo nell'odierna Strada Maggiore, una cartoleria nella Piazza Maggiore, due banche, e la Contea Rossi, sull'affaccio di Porta Santo Stefano, sempre costruita fra il 1400 ed il 1500, con il Mulino Delfrino, il cui toponimo esiste ancora poiché il mulino fu in attività fino alla seconda guerra mondiale.

Nel 1722 Ottavio Rossi, deceduto senza avere figli, per evitare il rischio di una interruzione dell'asse ereditario, decise di lasciare l'intera eredità dei Rossi al figlio di sua sorella, Angelo Turrini. I Turrini erano artigiani di Calcara e possiamo immaginare quale manna dal cielo dovette rappresentare l'essere diventati eredi di una tal fortuna. Angelo, da quel momento in avanti, prese il nome di Angelo Rossi Turrini.

Per la stessa motivazione raccontata poco sopra, l'immensa eredità dei Rossi passò prima dai Rossi Turrini ai Marsili a metà '800 e poi dai Marsili ai Bevilacqua Ariosti alla fine dell'800.

 

Chiesa della Natività di Maria, Palazzo de RossiA parte i segni del tempo sulla struttura, il castello appare ancora nel suo splendore e nella sua autenticità originaria. Durante la seconda guerra mondiale fu adibito ad ospedale militare tedesco e questa è la ragione per la quale è passato indenne attraverso il conflitto senza subire danneggiamenti. Sulle pareti campeggiavano delle grandi croci, rosse su campo bianco per essere viste di giorno e bianche su campo rosso per essere viste di notte.

 

Io penso però che il palazzo ed il suo borgo godano da tempo di un'ulteriore protezione.

All'interno del borgo, c'è una nicchia che ospita la statua della Vergine Immacolata, “Imperatrice della Terra e del Cielo” come viene definita in una delle due lapidi apposte al di sotto di essa, che nel 1842 salvò il territorio da una copiosa piena del Reno e preservò il castello dal “turbine distruttore della guerra”.

Si ricordi che tutte le famiglie nobili e così i Rossi ed i loro discendenti, come la Contessa Ersilia Rossi Marsili, che fece apporre la prima lapide, erano profondamente devoti alla Vergine ed invocavano spesso la sua protezione. Ma nel castello vi sono anche tracce di devozione ad altri santi, come San Bartolomeo, Santa Barbara e San Paolo.

 

Oggi il castello è di proprietà del marchese Ippolito Bevilacqua Ariosti. La famiglia Bevilacqua Ariosti si è occupata di restaurare, conservare ed indirizzare il palazzo ed il borgo attiguo alle attività più contemporanee, come eventi e manifestazioni.

 

Palazzo De Rossi, il borgoPerciò, è normale che chiunque visiti il luogo sia ammaliato dal suo inesauribile ed antico fascino. Tuttavia, io sono ben lungi dal vederlo come il “castello delle fiabe”. E' la sua stessa storia a definirne lo sviluppo, più che altro da un punto di vista di efficienza produttiva, agricola e, nientemeno, politica.

 

Prima di allontanarci dal luogo, ci dirigiamo al Ponte di Vizzano, a poche centinaia di metri dal palazzo. Questo ponte sospeso, costruito in acciaio, fu costruito nel 1926, danneggiato dai tedeschi nel 1943 e poi ripristinato. Tra il ponte ed il palazzo si trovava la Chiusa. Una volta il ponte era solo pedonale, poi è diventato carrabile anche se per una sola auto alla volta. E' il punto di attraversamento più vicino tra Vizzano e Pontecchio Marconi ed anche il più emozionante.

Mi dirigo verso il centro del ponte a piedi ed osservo la distesa d'acqua che scorre sotto di me, da parte a parte, con un senso di vertigine addosso.


Là in fondo, oltre la fitta vegetazione, so che il castello continua a vigilare sul territorio e porto con me questa nitida immagine mentre torniamo a casa. Quella di un luogo nel quale il tempo sembra scorrere più lentamente del normale, che “difende” la sua identità storica mentre tutto attorno ad esso è in rapido mutamento, capace di far vivere dentro la storia una moltitudine di viaggiatori provenienti, come in passato, da ogni dove.

 

 

Documenti, links e materiali utili alla scrittura dell'articolo:

 

 

 

Le immagini scattate in loco sono pubblicate sull'album Facebook: “Palazzo De Rossi – Pontecchio Marconi”

 

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