"Vorremmo sapere perché tutti i sacerdoti chiamati hanno fatto opposizione al concorso per Sala Bolognese, parrocchia senza parroco da oltre un anno. Vada lei in incognito. Che cosa c'è in quella parrocchia per avere un rifiuto così insistente e continuo? Lei dovrà, per ubbidienza, accettarne la cura..."
Con questo ordine, nel 1920, il Cardinale Gusmini ed il Vicario generale Menzani, incaricavano Don Gaetano Botti della cura pastorale della Parrocchia di Sala Bolognese.
A onor del vero, a quel tempo diventare parroco della Pieve di S. Maria Annunziata e S. Biagio, più che un incarico, era una vera e propria sfida: l'antica Pieve poggiava su un ettaro di terreno sommerso dall'acqua tutto l'anno, in uno stato di desolante abbandono, l'antica bellezza nascosta da superfetazioni barocche ed il primo pensiero del neo-arciprete fu di riportarla al suo aspetto originario e di rammentare alla comunità la sua lunga storia.
La chiesa plebana di Sala Bolognese sorge su un territorio anticamente conosciuto già in età romana, noto anche nell'VIII secolo per il suo Castrum e dominato dall'XI secolo dai Conti di Sala che nel 1096, utilizzando i materiali di demolizione della chiesa primitiva preromanica ormai decadente, riedificarono la loro chiesa plebana intitolandola alla Vergine Madre di Dio ed ai SS. Michele, Biagio e Giovanni.
Fra il XIII ed il XVI secolo, diverse giurisdizioni si avvicendarono nel territorio: i Conti di Sala vennero cacciati dai Bolognesi, il castello fu distrutto e subentrarono nella gestione della Pieve prima i Canonici Regolari Renani e poi il Monastero dei Canonici Renani del SS. Salvatore.
Questi ultimi nel 1517 si occuparono del restauro di alcune parti della chiesa, come la sopraelevazione della navata maggiore come la vediamo attualmente, alla quale probabilmente si aggiunse l'affresco con l'Annunciazione sopra l'arco dell'abside maggiore.
Fu dopo questo restauro che la Pieve venne intitolata a San Biagio e la Collegiata raggiunse la sua m
aggiore importanza religiosa.
Nella raccolta di "Disegni di chiese e di ville bolognesi" del 1578, Egnazio Danti la raffigurò come una dignitosa costruzione con un bel campaniletto retrostante, una casa colonica addossata a settentrione, verso la parte absidale della chiesa, con un portico, forse aggiunto nel XV secolo, davanti alla facciata, che mostrava la parte mediana suddivisa in tre parti dalle lesene ed un occhio.
Il Danti non mancò di fare un'annotazione al di sotto del disegno: "Questa è la più bella e meglio ornata giesa che gabbia vista in questa Diocesi" e ciò dà un'idea del prestigio raggiunto dalla Pieve a quei tempi.
Nel XVIII secolo, sulla spinta del dominante spirito di rinnovamento barocco, la basilica romanica venne sottoposta ad intense trasformazioni che danneggiarono la sua antica bellezza. La cripta, probabilmente già da tempo parzialmente interrata, utilizzata come ossario e costantemente allagata dalle frequenti inondazioni del Reno e del Samoggia, venne definitivamente abbandonata e distrutta abbassando il presbiterio, vennero costruite sei cappelle laterali con altari ed ornamenti in gesso demolendo parte dei muri perimetrali, alcune delle antiche strutture vennero abbattute per creare nuovi spazi, all'esterno venne eretto il nuovo campanile progettato dal Brighenti e si volle conferire un nuovo aspetto barocco alla facciata guastando i suoi elementi originali ed abbattendo il portico quattrocentesco.
Con la soppressione napoleonica degli ordini religiosi, alla fine dello stesso secolo, S. Biagio di Sala ebbe il suo colpo di grazia: la parrocchia, avendo ancora i suoi beni in comune con i Canonici di S. Salvatore, da ricca e fiorente com'era allora divenne poverissima.
Il Landi, ne "Le chiese parrocchiali della Diocesi di Bologna" (1844), descrisse accuratamente la chiesa plebana, distinguendone sia le parti più antiche che quelle di più recente costruzione. Tuttavia, dalle sue parole non traspare alcuna critica all'aspetto della chiesa a quel tempo ed anche Enrico Corty la disegnò come una dignitosa costruzione affiancata da un piccolo cimitero.
E' probabile che non si fosse ancora ancora arrivati alla situazione di indecoroso degrado che si presentò al Don Botti ai primi del '900, dopo che il sacro edificio era passato attraverso ulteriori trasformazioni, manomissioni e periodi di abbandono.
La Pieve era entrata nel nuovo secolo rovinosa e povera, con porcili e pollai addossati all'abside centrale, vespasiani ricavati negli spazi disponibili fra le cappelle barocche, la cripta invasa da biscie e rettili di varie specie.
Quando Don Gaetano Botti ne prese la cura, la Cassa dell'Amministrazione parrocchiale era praticamente vuota, perciò i lavori di ripristino partirono più con una grande volontà che con i pochi mezzi economici (sussidi e donazioni), che sarebbero arrivati qualche tempo dopo e non sempre tempestivamente.
Ad assistere il neo-arciprete della parrocchia, vi fu il giovane architetto, pittore e restauratore Giuseppe Rivani. Il restauro della Pieve di Sala Bolognese rappresentò l'inizio della sua carriera professionale. Rivani studiò un intervento alla maniera di Alfonso Rubbiani, suo maestro ideale, che prevedeva il ripristino delle forme romaniche-medioevali attraverso la demolizione di tutto ciò che confondeva e nascondeva l’architettura antica.
L'edificio sacro venne gradualmente liberato dagli animali che lo infestavano, dalla terra che ricopriva la cripta, dalle sovrastrutture barocche che opprimevano i muri, dall'instabile campanile settecentesco, sotto il quale giacevano i resti di un antico campanile a vela che venne poi ricostruito. Poi le parti dell'antica chiesa demolite vennero riedificate e ridecorate sulla base dei numerosi frammenti e delle basi in pietra rinvenute durante i lavori.
Gli scavi portarono alla luce antiche sepolture e restituirono elementi di un edificio sacro ancora più antico: la lastra in travertino che compone l'altare maggiore sotto la quale è scolpita una testa di divinità pagana con corna di ariete, Giove Ammone, sulla quale a colpi di scalpello è stata ricavata una croce, è infatti testimonianza della fine del periodo pagano e del passaggio al cristianesimo dell'antica popolazione salese.
Anche l'antica vasca battesimale in marmo rosso veronese, dopo aver per lungo tempo servito ad usi profani, venne restituita al suo sacro uso.
Esternamente, venne esteso interamente lo sterro del sagrato, riportando il terreno intorno alla chiesa all'antico livello e inalveando le acque piovane che sistematicamente invadevano la cripta verso il più vicino fossato della Bonifica.
Alla pieve in rinascita, vennero affiancati, tra il 1924 ed il 1926, la nuova torre campanaria ed il nuovo Asilo Infantile "Benedetto XV", progettato dall'Ing. Scarpari, eretto dove prima sorgevano gli edifici fatiscenti de "La bella Venezia".
Don Botti pensò solo in ultimo alla sua dimora di parroco, abbattendo gradualmente la vecchia e malandata costruzione addossata alla chiesa e costruendo una degna canonica che fu benedetta ed inaugurata nel 1929.
Col tempo, la Pieve si è arricchita di gruppi scultorei, mosaici di carattere bizantino, crocifissi lignei ed altri elementi di arredo sacro, tutti realizzati nel rispetto dell'austero stile architettonico dell'antica pieve.
Ma le sfide per questo edificio sacro riportato all'antica bellezza non erano certamente finite: i colpi di cannone anticarro tedesco che nel 1945 colpirono, anche se non gravemente, la cella della torre campanaria che dovette essere riparata; l'alluvione del 1966, che la allagò completamente con gravi danni alle murature ed all'impianto elettrico; le scosse del terremoto del 2012, dopo le quali è stata sottoposta a lunghi ed importanti lavori di consolidamento.
Oggi possiamo annoverare la Pieve di S. Maria Annunziata e di S. Biagio come uno tra i più insigni monumenti in stile romanico-lombardo che la provincia di Bologna possa vantare.
Dobbiamo tutto questo all'intraprendenza, al coraggio, alla fede ed alla sensibilità artistica e culturale di Don Gaetano Botti, dell'Architetto Rivani, degli uomini e dei progettisti che lo hanno assistito, fermamente convinti ed orgogliosi di restituire alla comunità salese un'opera pienamente partecipe della sua vita.
Bibliografia, documenti ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:
- "Le chiese parrocchiali della Diocesi di Bologna ritratte e descritte" – Tomo I – scheda 34 (1844)
- "L'antica Pieve di Sala Bolognese e il suo restauro" di G. Rivani – Bologna (1970 e 1977)
- "Rocche, Borghi e Castelli di Terre d'Acqua" di P. Pancaldi e A. Tampellini - Ed. Marefosca (2006) – pagg. 226/251.
- "Dissegni di alcune prospettive di Palazzi Ville e Chiese del Bolognese" di Egnazio Danti (1578) – Disegno della Pieve di San Biagio n. 51 – pg. 49
- "La millenaria basilica plebana romanica di Sala Bolognese" – opuscolo realizzato dall'Associazione Turistica Pro Loco in collaborazione con la parrocchia di Sala, in occasione della 18° Fiera di Sala Bolognese 2005.
- PSC Terre D'Acqua – Schede dei siti archeologici - Scheda SB.8, Sito (M) 24.
- Per informazioni sull'architetto Rivani, consiglio la lettura del depliant "Cicloarchivi 4 – Architettura, Archivi Storici, Alberi – in biciletta attraverso il Novecento da Bologna moderna verso la campagna" realizzata da SAER (Soprintendenza Archivista per l'Emilia-Romagna).
- La mappa dei "Prati di Sala" realizzata da Giovanni Giacomo Dotti (Sec. XVIII) è consultabile sul sito della Biblioteca Digitale dell'Archiginnasio di Bologna.
- La foto dell'Asilo Infantile di Sala Bolognese proviene dalle Collezioni Genius Bononiae della Cassa di Risparmio di Bologna: Fondo Brighetti, BRI / BO PROVINCIA 2115 - Sala Bolognese (BO), Asilo Infantile.
- Ringrazio Mauro Jonadar Lambertini per aver messo a mia disposizione alcune delle immagini della sua collezione, per utilizzarle a corredo di questo articolo.







