Nell'articolo dedicato all'ex-parrocchiale di Sant'Apollinare del Ronco, avevo fatto riferimento alla presenza, a poca distanza, di un antico ospitale. Ma considerando la vastità del tema, ho creduto opportuno approfondire l'argomento in un altro articolo.


Prima di parlare in particolare dell'Ospitale del Ronco di Castel Maggiore, è doveroso fare una premessa storica sugli ospitali, che potremmo considerare, almeno in parte, gli "antenati" dei nostri attuali ospedali.

 

Domenico Di Bartolo - Il Governo e la Cura degli infermiL'ospedale nel medioevo "accoglieva, donava, curava", scriveva lo storico André Vauchez nel 1978.

Ed in effetti, parlare degli ospedali di quel periodo significa soffermarsi su enti di ricovero ed ospitalità, su luoghi di distribuzione elemosiniera, su centri di cura medica. Ma se ci focalizzassimo solo su questi aspetti, perderemmo di vista le altre funzioni importantissime che, a differenza delle strutture sanitarie attuali, l'ospitale svolgeva sebbene senza una specializzazione specifica.

Conosciuto anche come xenodochio, l'ospitale, proprio per la sua funzione, sorgeva di solito sulle strade più trafficate che collegavano sia grandi città che piccole località di provincia.

Di conseguenza, la manutenzione di ponti e strade poteva rientrare fra le opere pie ed assistenziali di queste comunità ospedaliere.

La fondazione di gran parte di questi ospitali nel periodo medievale si colloca sulla scia delle tendenze orientate al ritornare alla vita comune del clero e perciò alle norme stabilite dal concilio di Aquisgrana dell'816, che prevedevano l'obbligo dell'ospitalità gratuita, sull'esempio della Regola di San Benedetto, richiamandosi al versetto evangelico "ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere, fui straniero e mi accoglieste" (Matteo, 25, 35).

 

Ed in effetti, l'accenno alla diversità delle persone introduce l'argomento del diverso modo con il quale venivano ospitati i viandanti, a seconda della loro condizione sociale, secondo la formula similia in similibus delectatur (si curino i simili con i simili).

Ma è vero anche che queste strutture d'accoglienza per secoli hanno rappresentato il luogo di incontro di culture diverse, favorendo lo scambio e la diffusione di nuovi costumi, linguaggi ed abitudini.

 

Santa Maria della Scala di Siena - PellegrinaioMolte di queste strutture (le più complesse) disponevano, oltre alla possibilità di alloggio e cure mediche, di botteghe di maniscalco e di stalle per poter pascere ed eventualmente ferrare le cavalcature.
Tutte le attività erano eseguite dai conversi (detti anche oblati), che esercitavano i vari mestieri necessari al buon andamento della casa.

Una cosa curiosa da fare notare è che nella maggior parte dei casi i conversi non erano monaci, ma persone che avevano lasciato le proprie agiatezze per dedicarsi alle opere di carità.
Definiti anche fratelli o frati, essi appartenevano a quella particolare categoria di religiosi che, pur appartenendo all'ordine ecclesiastico, seguivano una regola molto meno rigida dei canonici o dei monaci, generalmente definita di Sant'Agostino.

Quanti decidevano per questo tipo di vita, compreso il rettore (la figura a capo della struttura ospedaliera) rinunciavano anche a tutti i loro beni per donarli all'ospitale.

Grazie a tali lasciti, gli xenodochi acquisirono nel tempo numerosi possedimenti, dai quali derivavano le rendite che, insieme alle questue, servivano a garantire ospitalità gratuita.
Si dice inoltre che numerosi ospitali, come quello di Santa Maria della Scala di Siena, siano stati fondati da bottegai o artigiani.

Tra il XII ed il XIII secolo, i comuni cominciarono a sostituirsi alle diverse organizzazioni religiose nella gestione degli ospitali. I motivi sono facilmente intuibili: l'amministrazione comunale aveva compreso e riconosciuto già da tempo l'importanza strategico-viaria degli ospitali ed assumerne la gestione significava controllare sia i traffici che i rapporti economici e culturali con altre città.

 

Comune di Ronco di Castel MaggioreOra, tornando al nostro Ospitale del Ronco di Castel Maggiore - da alcune fonti definito dei Ronchi di Corticella, poiché si trovava nella località di Ronco, al confine tra le due località - sappiamo che era ubicato sulla via Galliera (una delle più importanti direttrici viarie bolognesi) e che probabilmente, essendo stato fondato nel 767, doveva essere il più antico della Diocesi bolognese.

La tradizione vuole che questa struttura, con annesso un piccolo oratorio dedicato a Santa Maria, sia stata fondata da Gridoaldo o Guidoaldo, medico del Re dei Longobardi e per questo detto Medicus Regium. La storia racconta che questo stesso medico avesse fondato altri "pii ospitali" in varie parti d'Italia. Uno dei più importanti era quello di San Bartolomeo di Pistoia (detto del Pratum Episcopi), dal quale dipendeva anche l'Ospitale di Ronco. Nel 1337 era rettore Bonaventura o Tura di Castel San Pietro, Dottore in Filosofia, Legge e Medicina, uomo sapientissimo per quei tempi.

Quanto alla struttura, un documento del 1388 parla di un possesso terriero, diviso in due parti dalla strada (strata mediante), con la chiesa dei Santi e casamento, forno, pozzo e aia. Quella strata mediante, la via di Galliera, appare come l'elemento più significativo della proprietà assieme agli altri elementi che ci presentano un complesso autosufficiente e ben strutturato.
L'edificio era dotato di quattro letti ed attorno vi erano terreni per un'estensione di 24 tornature (poco meno di 6 ettari).

Questa struttura decadde sul finire del Trecento. Innanzitutto, una serie di eventi determinarono la perdita dell'ospitale. Nel 1389 il Comune si impossessò indebitamente dei suoi beni e sette anni dopo, Iacopo, rettore del Pratum Episcopi, decise di tentarne il recupero con una richiesta che venne accolta. Lo stesso rettore nel 1397 soggiornò a Bologna per tentare di restaurarne anche l'ospitalità, ingaggiando nuovo personale, acquistando nuovi letti e coperte, e curandone i restauri.

Ma a quanto pare, aveva posto la sua fiducia nelle persone sbagliate, che si appropriarono delle rendite per fini personali senza avere mai esercitato l'ospitalità reintrodotta da pochissimo tempo.
Così Iacopo, per riaffermare il diritto da poco riconquistato, pensò di affittare i beni del Ronco ad un uomo di sua fiducia, Christofano di Giovanni di Prato.
Domenico di Bartolo - La distribuzione della limosinaIl contratto stipulato è emblematico della situazione di decadenza: l'ospitale, la chiesa ed i beni venivano considerati alla stregua di un beneficio sine cura - cioè senza obbligo di uffizi e funzioni, come la cura delle anime - di cui investire qualcuno, di solito un laico.
L'unico elemento che richiamava il passato era la clausola, mai rispettata, secondo la quale l'affittuario si impegnava a mantenere l'ospitalità, ricevendo ed albergando i pellegrini che fossero arrivati in quel luogo.
Il rettore stesso nel 1399 ammetteva comunque che oramai la secolare tradizione dell'ospitalità propter guerras et mala tempora non si esercitava più, ma con quest'ultimo tentativo e con l'avvio di altre pratiche per recuperare quanto sottratto dal personale precedente, la situazione pareva quasi completamente consolidata.

Ma l'anno successivo il Comune di Bologna rivendicò a sé il diritto di nomina del rettore, nominando come economo dei beni appartenuti al Pratum Episcopi il bolognese Bartolomeo di Bulgaro dei Negri, che nel 1402 ricevette la carica di nuovo ospitalario.

Bartolomeo riteneva che a causa delle guerre che vigevano dalle parti del Pratum Episcopi, il rettore non fosse più in grado di governare direttamente l'ospitale de Runchore, se non con grave detrimento dello stesso e dei poveri. La sua carica, nonostante le proteste del rettore del Pratum Episcopi, venne confermata dal Papa nel 1404.

E così, l'Ospitale di San Bartolomeo si vide spogliato di una delle sue più antiche possessioni, che fu assegnata di fatto al Comune di Bologna, con la totale scomparsa dell'ospitalità.

E qui finisce la storia medievale dell'Ospitale del Ronco.

Priamo della Quercia - Il Beato Agostino investe il rettore dell'OspitaleTuttavia, da fonti successive, si ricavano informazioni parzialmente discordanti con quanto sopra esposto. Pare infatti che almeno nel XVII secolo i possedimenti dell'Ospitale del Ronco fossero passati nelle mani della Sapienza di Pistoia dopo la secolarizzazione del San Bartolomeo.
Sta di fatto che durante una visita sacra nel 1685, gli amministratori, trovando l'ospitale in completa rovina e l'oratorio devastato ne ordinarono la chiusura, per poi decidere nel 1736 di cedere l'oratorio ed i terreni contigui ai marchesi Angelelli (proprietari di Villa Angelelli, l'attuale Villa Zarri), che lo restaurarono e riaprirono al culto celebrandovi alcune Messe il giorno 15 agosto. Questo fino all'arrivo delle armate napoleoniche nel 1797, anno nel quale sia i resti dell'ospitale che il piccolo oratorio vennero demoliti completamente.

Al loro posto, vennero fatti erigere due pilastrini di mattoni su entrambi i lati della strada di Galliera: il primo era dedicato alla Beata Vergine assunta in cielo.


I pilastrini erano l'unica testimonianza rimasta ad indicare ai passanti la presenza, in questa località, di una casa costruita soprattutto a vantaggio dei poveri.

Ma oggi purtroppo sono entrambi scomparsi, lasciando nel nostro territorio un vuoto storico che difficilmente potrà essere colmato, insieme alla consapevolezza che gli esseri umani sono riusciti a distruggere, prima ancora del tempo, questi luoghi che potremmo definire sacri per le funzioni caritatevoli e di cura verso il prossimo che rivestivano.

 

Bibliografia, documentazione e materiali utili alla redazione dell'articolo:

 

  • "Santa Maria della Scala. Mille anni fra storia, arte e archeologia" – Protagon Editori (2008). Dalla pubblicazione sono tratte anche le splendide immagini degli affreschi presenti in questo antico ospitale, che oggi è un museo.

  • "Castel Maggiore. Com'era ... e com'è" di Lorenzino Cremonini – Alinea Editrice, 1988 – Capitolo dedicato a Ronco di Corticella (pagg. 179/184) – da questa pubblicazione provengono anche le piante storiche pubblicate su questo articolo.

  • "Castel Maggiore: tra storia e memoria" di Valerio Montanari e Carlo Garulli – Ed. Pendragon, 2007 – Sezione dedidata a Ronco ed alla chiesa di Sant'Apollinare (pag. 35)

  • "Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna" – Tomo I – Capitolo dedicato a Sant'Andrea Apostolo di Castel Maggiore (scheda 27)

  • "L'Ospitale del Pratum Episcopi nel Medioevo: strutture, funzioni, rettori, conversi (secoli XI-XIV)" di Renzo Zagnoni.

  • "Ospedali nell'Italia medievale" – Articolo di Marina Gazzini pubblicato sulla rivista Reti Medievali (2012)

 

 

Genziana Ricci
Sono Genziana Ricci, una blogger curiosa e da sempre appassionata di storia, cultura e arte. Ho creato questo blog per condividere con i lettori piccole e grandi storie del territorio di pianura bolognese, ferrarese e modenese. Credo profondamente nel valore del confronto e della divulgazione di conoscenze legate alla nostra storia, alle tradizioni e alla cultura del territorio, perché sono parte della nostra identità e possono offrire alle nuove generazioni insegnamento e arricchimento. Del resto, la storia ha bisogno di camminare sempre su nuove gambe.

 

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