Quando Pellegrino Ruffillo Artusi viene al mondo il 4 agosto 1820 – anche se lui stesso, per ragioni mai del tutto chiarite, indicherà nella sua autobiografia la data del 20 agosto – Forlimpopoli è ancora un piccolo centro di appena duemila anime incastonato tra Forlì e Cesena, lungo l'antica via Emilia. Siamo nello Stato Pontificio, e la cittadina conserva ancora intatto il suo aspetto rinascimentale: mura, fossati, sette torrioni e un'imponente rocca trecentesca garantiscono agli abitanti quella sicurezza che presto si rivelerà quanto mai fragile.

Pellegrino Artusi e le ricette di tutta ItaliaLa famiglia Artusi non è povera. Il padre possiede una drogheria, un negozio che commercia merci varie, e il giovane Pellegrino, unico maschio sopravvissuto alla maggiore età, cresce destinato a seguire le orme paterne. Viaggia molto per acquistare mercanzie, si abitua alle grandi città, respira l'aria del mondo che cambia. Ed è proprio questo il punto: il mondo cambia, ma Pellegrino Artusi sembra osservarlo da spettatore piuttosto che viverlo da protagonista.

Nel 1831, appena undicenne, assiste terrorizzato agli scontri tra Austriaci e patrioti ribellati allo Stato Pontificio. Nella sua autobiografia, scritta all'età di 82 anni "affinché possa riuscire di qualche giovamento agli altri", ricorderà soprattutto lo spavento e la presenza ingombrante dei soldati austriaci in casa. Non è l'unica volta che la grande Storia busserà alla sua porta, ma sempre lui resterà a guardare dall'altra parte.

Quando nel 1849 nasce la Repubblica Romana, figlia del pensiero di Giuseppe Mazzini e madre della prima costituzione repubblicana italiana, il giovane Artusi – che pure si dichiara liberale – confessa candidamente di "non essere stato disposto a fornire le proprie braccia alla patria". Di Mazzini, di cui molti suoi contemporanei tessevano le lodi, scriverà senza mezzi termini che "ha creato in Romagna solo disastri", considerandolo un personaggio secondario nella realizzazione dell'unità d'Italia. Ma c'è un motivo molto pratico dietro questo antipatriottismo: i moti risorgimentali hanno solo l'effetto di paralizzare i commerci delle sete speciali. Eccolo qui, il vero Artusi: un commerciante pragmatico, più interessato ai suoi affari che alle vicende politiche del Paese.

La banda del Passatore a ForlimpopoliLa fine degli anni Quaranta porta con sé un clima di crescente insicurezza. Gli Austriaci, nel maggio 1849, proclamano lo stato d'assedio e impongono il disarmo generale. L'Artusi, ormai abituato alla vita nelle grandi città, sopporta sempre meno Forlimpopoli: "Non mi trovavo più bene nel mio piccolo paese, aggiungi che gli Austriaci avevano invaso le Romagne proclamando lo stato di assedio tanto che si erano dovuti spuntare perfino i coltelli da cucina". Ma c'è di peggio. Comincia a diffondersi una notizia che gela il sangue: una banda di assassini, capitanata da Stefano Pelloni detto "il Passatore", sta seminando il terrore in tutta la Romagna. Non è leggenda: tra il 1849 e il 1851, la banda compie almeno otto invasioni documentate nei paesi della Romagna.

Il 25 gennaio 1851, a Forlimpopoli, è in programma una commedia a teatro. Una serata come tante altre, si direbbe. Ma quella notte diventerà un incubo che Pellegrino Artusi non dimenticherà mai. Quindici uomini armati fino ai denti riescono a penetrare all'interno delle mura con uno stratagemma. Si introducono nel teatro e quando, tra il primo e il secondo atto, si alza il sipario, sul palco non ci sono attori in costume ma i briganti della banda del Passatore. Potete immaginare il terrore degli spettatori impietriti.

Dopo aver rapinato tutti i presenti, la banda invade il paese. E qui accade l'irreparabile: i briganti riescono ad entrare nella casa degli Artusi. Il padre viene malmenato selvaggiamente. Le due sorelle di Pellegrino subiscono una violenza indicibile. Una delle due, segnata in modo indelebile da quell'orrore, finirà i suoi giorni rinchiusa in un manicomio. Per Stefano Pelloni quella fu l'ultima impresa: la sua taglia schizzò a 3000 scudi, una cifra astronomica. Due mesi dopo, il 23 marzo 1851, verrà ucciso a Russi. Ma per la famiglia Artusi era ormai troppo tardi.

Le ricette di Pellegrino Artusi che unirono l'ItaliaQuella vicenda segna profondamente Pellegrino Artusi. Il piccolo borghese romagnolo, il commerciante che aveva attraversato indenne i moti risorgimentali senza mai sporcarsi le mani, ora porta addosso una ferita che non si rimarginerà mai. La sua risposta è la fuga: di lì a poco abbandonerà per sempre Forlimpopoli. La famiglia si trasferisce a Firenze, al Villino Puccioni, dove Pellegrino aprirà un negozio di stoffe. Firenze, crocevia di culture, città di mercanti e artisti, diventa la sua nuova patria. E qui, lentamente, nasce qualcosa di inaspettato.

Monumento funebre di Pellegrino Artusi nel cimitero di San Miniato al MonteArtusi continua a viaggiare molto per il suo commercio, ma ora ha un nuovo interesse: raccoglie ricette. Ovunque vada, annota, prova, sperimenta. Nella sua cucina, aiutato dalla fedele Marietta, perfeziona ogni piatto fino a quando non è completamente soddisfatto del risultato. Non è un cuoco professionista, è un curioso metodico, un mercante abituato a valutare la qualità delle cose.

Nel 1891, a settantun anni, pubblica la prima edizione de "La Scienza in Cucina e l'Arte di Mangiar Bene. Manuale pratico per famiglie". Contiene 475 ricette. Nessuno, probabilmente nemmeno lui, poteva immaginare cosa sarebbe accaduto. Il libro è un successo travolgente. Edizione dopo edizione, il numero delle ricette cresce. Nel 1909 esce la tredicesima edizione con ben 790 ricette. È un'opera rivoluzionaria: per la prima volta, un libro di cucina italiano unifica ricette da tutta la penisola, creando un linguaggio culinario comune in un Paese appena unificato politicamente ma ancora frammentato nelle sue tradizioni gastronomiche.

Artusi diventa "il cuoco dell'unità d'Italia", anche se paradossalmente non aveva mai combattuto per quella stessa unità. La sua opera compie nel piatto ciò che Garibaldi e Cavour avevano fatto con la spada e la diplomazia: crea un'identità italiana condivisa.

Lapide commemorativa sulla casa natale di Pellegrino Artusi a Forlimpopoli.Pellegrino Artusi muore a Firenze il 30 marzo 1911, a novantun anni. È sepolto a San Miniato, dove un monumento funebre ne celebra la memoria. Ma il suo ricordo vive soprattutto altrove. A Forlimpopoli, la città che fu costretta ad abbandonare dopo quella terribile notte del 1851, oggi sorge Casa Artusi, primo museo vivente della cucina italiana. Ospita una scuola di cucina, un ristorante, una biblioteca specializzata. All'ingresso della città, un monumento ricorda il suo cittadino più illustre. Ogni anno, la terza settimana di giugno, la Festa Artusiana trasforma Forlimpopoli in un tripudio di sapori e tradizioni. Anche a Firenze, nella casa dove visse per sessant'anni, una lapide commemorativa ricorda il suo passaggio.

Lapide sulla casa di Pellegrini Artusi in piazza D'Azeglio a FirenzeDue città, due anime dell'uomo Artusi: Forlimpopoli, la terra delle origini e del trauma; Firenze, la città della rinascita e del trionfo. La sua storia ci insegna che i grandi protagonisti non sempre sono coloro che imbracciarono i fucili. A volte sono persone comuni che, attraversando le loro personali tragedie, trovano il modo di lasciare un segno indelebile. Artusi non fu un eroe del Risorgimento, anzi ne fu sostanzialmente un disertore per sua stessa ammissione. Ma nella sua fuga da Forlimpopoli, nella sua necessità di ricostruirsi una vita altrove, nel suo paziente lavoro di raccolta e perfezionamento delle ricette, c'è qualcosa di profondamente umano e universale.

Il suo libro non è solo un manuale di cucina: è il diario di un'Italia che si cerca, che prova a riconoscersi attorno a una tavola. È il testamento di un uomo che trasformò il dolore in creatività, l'esilio in opportunità, la paura in memoria viva. Oggi, quando sfogliamo "La Scienza in Cucina", quando prepariamo una delle sue ricette, non stiamo solo cucinando: stiamo continuando un dialogo iniziato più di un secolo fa tra un commerciante romagnolo e l'Italia intera.

 

Fonti utilizzate:

"Le ricette di fine ‘800 di Pellegrino Artusi. La scienza in cucina l’arte di mangiar bene"Presentazione di Gianluigi Tozzoli in occasione dell'evento "A Pranzo con la storia" del 12 marzo 2023 (Convento dell'Osservanza, Imola)

 

 

 

Genziana Ricci
Sono Genziana Ricci, una blogger curiosa e da sempre appassionata di storia, cultura e arte. Ho creato questo blog per condividere con i lettori piccole e grandi storie del territorio di pianura bolognese, ferrarese e modenese. Credo profondamente nel valore del confronto e della divulgazione di conoscenze legate alla nostra storia, alle tradizioni e alla cultura del territorio, perché sono parte della nostra identità e possono offrire alle nuove generazioni insegnamento e arricchimento. Del resto, la storia ha bisogno di camminare sempre su nuove gambe.

 

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