La Chiesa dei Santi Cosma e Damiano di Pegola: il campanile spezzato
Non appena arriviamo dalla via Ponticelli, costeggiando la riva sinistra del Navile, ci rendiamo conto del perché sia stata soprannominata "la chiesa col campanile spezzato". La Chiesa abbandonata dei Santi Cosma e Damiano di Pegola di Malalbergo si distingue infatti per la cuspide oramai spezzata della sua torre campanaria.
Questo edificio di culto ormai sconsacrato appare oggi isolato dal centro della località, ma non era così fino ai primi anni '50, quando il centro dell'abitato si snodava lungo l'asse fluviale del Canale Navile, da Ponticelli al borgo di Palazzo Venturi, anticamente chiamato Borgo Bastia.
Si racconta che in questo territorio fossero già presenti da prima del X secolo una chiesa ed un monastero, costruiti da alcuni monaci che si stabilirono qui quando la palude di Pegola fu risanata e ridotta a coltura.
I monaci ressero la chiesa fino al 1341, quando fu eletto a sostituirli un parroco secolare, cioè un sacerdote non vincolato ad un ordine religioso. E certamente questa organizzazione persisteva nel 1368, quando la chiesa, secondo un atto notarile, era retta da Don Pietro della Pegola. Secondo un altro documento del 1405, il luogo di culto risulta unito per un certo periodo di tempo alla Chiesa Parrocchiale di San Cristoforo delle Muratelle di Bologna.
Nei primi tempi il giuspatronato di questa chiesa appartenne ai parrocchiani unitamente agli Elefantuzzi, per poi passare alla Mensa Arcivescovile di Bologna che al 1849 ancora lo conservava.
Tra la metà del '400 e l'inizio dell'800 c'è un vuoto storico di almeno 400 anni che le fonti consultate non permettono di ricostruire.
Le notizie immediatemente successive risalgono infatti al 1830, documentando sia la chiesa che la casa del parroco in uno stato rovinoso. Fu il nuovo parroco, Don Antonio Poggi, che si accinse a riedificare a sue spese chiesa, canonica e campanile, che furono completati tra il 1831 ed il 1837. E per facilitare la frequentazione delle funzioni, lui stesso fece costruire un ponte volante di fronte al sacro edificio, in favore dei parrocchiani che abitavano al di là del Canale Navile. La chiesa viene descritta come della giusta grandezza e senza ornamenti, con tre altari (quello maggiore dedicato ai Santi Cosma e Damiano ed i due minori dedicati l'uno alla Beata Vergine del Rosario e l'altro alla Beata Vergine della Cintura), con un'antica fonte battesimale, segno della presenza di una pieve in questi luoghi.
In pochi anni l'umidità di risalita provocata dalle acque adiacenti provocò ingenti danni all'edificio, che nel 1892 dovette essere ricostruito. Nel corso del XX secolo, la chiesa fu sottoposta ad altri interventi di restauro finché con il graduale abbandono del Canale Navile, il centro abitato cominciò ad allontanarsene, dando vita alla "nuova Pegola".
Dagli anni '60 del XX secolo fu sconsacrata e adibita a magazzino. Per le celebrazioni si prese a utilizzare una semplice abitazione adattata a cappella, posta a 1 km di distanza, sulla via Porrettana, nella quale furono trasferiti anche gli arredi sacri più importanti.
Tra questi ricordiamo le due statue dei Santi Cosma e Damiano, la statua di Sant'Antonio da Padova ed una tela di pregio che raffigura “SS. Cosma e Damiano e il miracolo della gamba trapiantata”; attribuita al pittore Bartolomeo Ramenghi detto il “Bagnacavallo” (Bagnacavallo, RA 1484 – Bologna 1542), ora posta alla sinistra dell'Altare Maggiore nella nuova chiesa costruita nel centro di Pegola fra il 2008 e il 2010.
Di questo dipinto, un olio su tela che misura 270x160 cm, si racconta che in origine si trovasse nella chiesa preromanica dei Santi Cosma e Damiano del Ponte di Ferro di Bologna (oggi non più esistente) e che sparì improvvisamente in un anno imprecisato dell’Ottocento da Bologna per poi finire nella chiesa di Pegola tagliato in diversi pezzi, dove fu ricomposto. Osservando bene la raffigurazione, ci si accorgerà inoltre che al cadavere è stata amputata la gamba sinistra mentre il “chirurgo” la sta inserendo sul troncone della gamba destra del trapiantato. Negli ultimi vent’anni la pala d’altare è stata sottoposta a due restauri. I risultati del primo ripristino furono disastrosi perché alcune modifiche significative, eseguite soprattutto sul capo e sul volto del santo che operava il trapianto, ne stravolsero le originali linee. Per fortuna, grazie alla caparbietà di Don Giovanni Ravaglia, ci fu un secondo restauro che diede alla tela la sua forma primitiva.
L'aspetto decadente della vecchia chiesa, mi fa venire in mente le parole di Giulio Cesare Croce a proposito della perduta villa del Tuscolano di Bologna: ".... il tempo vi poté addosso moltissimo, l'incuria umana assai di più".
Penso si possa fare lo stesso discorso anche per questa abbandonata parrocchia della quale, curiosamente, non sono nemmeno disponibili fotografie o cartoline degli interni risalenti a quando era ancora aperta al culto.
Tutto quello che riusciamo a vedere, dalla porta semiaperta, è una parte della navata occupata da vecchi mobili ricoperti di guano di piccione, le sobrie decorazioni in bianco e rosa che delineano le volte, l'angelo che prega seduto sulla cornice vuota sopra l'altare maggiore.
La porta del campanile è stata buttata giù, possiamo alzare lo sguardo ed osservare le instabili scale che ne percorrono il perimetro fino alla cima.
Nel giardino antistante possiamo notare, piantati nel terreno uno accanto all'altro, piccoli mazzi di fiori finti: un cimitero di gatti. Qualcuno si cura di questi animali randagi e questo angolo di prato all'ombra di grandi alberi sembra essere il luogo ideale per il loro eterno riposo.
Lo stato degli edifici che compongono la vecchia parrocchia, non ci consentono di andare oltre questi sguardi indiscreti, anche se ci sembra che qualcosa da salvare ancora sia rimasto.
Tutto attorno è silenzio, ma abbiamo l'impressione che non sarà così per sempre. La campagna dalla sponda opposta del Navile è in rapida trasformazione e qualcosa ci dice che anche questo spazio appartato, fra qualche anno, potrebbe non essere più tale.
La verità, penso mentre ci allontaniamo in silenzio sulla stretta via Ponticelli, è che la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, nonostante poggi su antichissime origini, è rimasta senza intermediari tra lei e gli uomini di questo tempo.
Non c'è cosa peggiore per una comunità che perdere, uno dopo l'altro, i propri luoghi di culto, che erano e rimangono le più vivide testimonianze dell'identità di un territorio.
E quando non ve ne sarà più traccia, che ce ne preoccupiamo o meno, una parte di noi sparirà con esse.
Bibliografia, links ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:
- "Le chiese parrocchiali delle Diocesi di Bologna" (1849) - Tomo III, scheda n. 55
- Chiesa dei Santi Cosma e Damiano di Pegola su "Le Chiese delle Diocesi Italiane"
- "Il miracolo della gamba...con svista. La pala d'altare della chiesa di Pegola" – articolo del Gruppo di Studi Pianura del Reno (17/07/2019)
- Ringrazio Marco Pancotti per avermi fornito alcune delle immagini pubblicate in questo articolo.