E' la notte del 19 novembre 1700. L'ingegnere idraulico Bartolomeo Chiozzi, illuminato solo dalla luce di una candela, sussurra nel silenzio del suo palazzo in via Ripagrande strane e incomprensibili parole. Col dito segue la formula magica scritta sul libro riga per riga, concentrato.
D'un tratto un soffio di vento, un lampo nel cielo plumbeo: qualcuno è arrivato senza bussare alla porta. E' un demone, un essere richiamato dagli studi occulti del Chiozzi, dai suoi "abracadabra" con le scienze dei numeri e della fisica.
E' venuto per servirlo, dice, purché Bartolomeo stringa un patto con lui. E lo tenta con promesse e lusinghe: onore, gloria, passioni, soddisfazioni, nemici avviliti, ricchezze, tutto avrà da lui, compresa la possibilità di vendicarsi di quegli uomini che, invidiosi del suo sapere, cercano in ogni maniera di nuocergli, togliendogli la pace e il sonno.
Nell'animo del Chiozzi sono ben chiare le terribili conseguenze di quello scellerato disegno, ma il successo già ottenuto coi suoi studi non gli basta e nello stesso tempo deve difendersi dalle accuse di proibito commercio. Forse a quest'ora lo cercano già per rovinarlo, gli suggerisce l'oscura figura.
Perciò accetta e firma col sangue il contratto con l'inquietante Fedele Magrino, che per il popolo però è Urlone per la sua voce stridula e cupa simile ad un urlo.
Ecco il momento della storia in cui nella vita del Chiozzi due leggende si uniscono a metterlo in fosca luce: la prima, più recente, riguarda i suoi studi sulla numerica e il suo commercio con gli spiriti maligni; la seconda, più antica, riguarda lo spirito delle tenebre Urlon, il demonio di creazione tutta ferrarese.
E così al popolo viene restituito molto più di quello che ha creato. L'Urlone esce dal Barco, luogo nel quale la tradizione popolare colloca da secoli tregende diaboliche, convegni maledetti e la sua dimora abituale da molto prima del trasferimento a Ferrara del “cabalista e astronomo Chiozzini”, per portare bufera, come un demone medievale, nella vita di un uomo che per le sue conoscenze scientifiche è già ritenuto animato da potenze sovrannaturali.
Magrino mantiene infatti la promessa trasformando il Chiozzi da ingegnere degli argini nell'uomo prodigio, che riesce dove nessuno è mai riuscito, sia dentro che fuori Ferrara. Il Chiozzi ha il potere di apparire tempestivamente ovunque ci sia bisogno dei suoi progetti, anche all'altro capo del mondo. Ma per andar lontano serve un mezzo adeguato e veloce come il vento. Ed allo scopo, sin dalla prima mirabolante impresa a Vienna, minacciata dalle piene del Danubio, Magrino allestisce uno sgangherato calesse guidato da due cavalli che non si reggono sulle zampe. Tutta Ferrara gli ride dietro perché, si sa, l'Urlon del Barco riflette "l'indole popolare ferrarese, incline ad usare una certa estrosa e burlevole bizzarria anche nei confronti di quel che crede e teme". Dopo l'uscita dalla città, il calesse si alza e i cavalli spariscono in una voragine di fuoco e fumo guidando un mezzo che farebbe invidia anche alla Marfisa. Con lo stesso veicolo, il Chiozzi, diventato ormai l'uomo del secolo, continuerà a viaggiare da e per Ferrara per prevenire piene dei fiumi, sbrigare affari ed escogitare magiche soluzioni a problemi impossibili da risolvere.
Quella del volo equestre, però, è solo l'ennesima delle sue "spacconate". Bartolomeo si era già ritrovato in prigione con il suo precettore Freguglia con l'accusa di essere un eretico mago. Il suo destino sarebbe stato il rogo, se solo l'astuto Mago Chiozzino non fosse riuscito a fuggire trasformando un secchio in una barca che poteva andare per acqua e per aria, un po' come il paladino che, nell'Orlando Furioso dell'Ariosto, una volta imprigionato il vento in un otre, trasforma le foglie in navi armate.
D'altra parte, non è forse questo il rovescio della medaglia che l'Urlone ha prospettato al Chiozzi scienziato? Orride carceri, marche di umiliazione, castigo e tormenti. In questo stesso secolo, l'Inquisizione continua a esercitare il suo potere su Ferrara da oltre 500 anni, con condanne che non conoscono pietà.
Perciò, il Chiozzi è incastrato: condannato dalla società di allora, considerato un mago e minacciato dalle pene severe della Chiesa per mezzo del S. Ufficio "per la sola colpa di avere domandato alla scienza la verità", nel 1705 non può porre termine al primo patto con l'Urlone, anche se crede di avere raggiunto con gli studi un potere pari al suo. Dinanzi a questo suo dilemma, il demone scatena la furia di una tempesta su Ferrara e nulla il Chiozzi può dinanzi a quella forza sovrannaturale. Il Po, con tre rotte - il 6, 9 e 10 novembre - causa una devastazione mai vista prima. L'acqua corre fin sotto le mura della città rimasta come un'isola in mezzo all'oceano delle province circostanti. Le cronache celebrano un solo eroe in questa storia: non il Chiozzi, ma il Marchese Scipione Sacrati, Giudice dei Savi e Magistrato della città, il quale, con la sua azione di prevenzione ed il lavoro svolto durante l'alluvione, si guadagna la memoria del popolo.
Atterrito dinanzi a questa calamità naturale e prostrato nell'animo, Bartolomeo rinnova il patto per altri dodici anni.
In quegli anni, sposa Cecilia Bonatti o meglio, Cecilia Camilli, secondo quanto attesta l'atto di matrimonio del 26 aprile 1706, custodito nei registri della Chiesa di San Michele almeno fino al 1899. E' quello stesso atto a rivelare il vero nome del padre, Antonio, l'uomo che compreso l'ingegno del figlio lo affida ai migliori precettori. Poco importa se uno di questi, Padre Francesco Ferzi Lana della Compagnia dei Gesuiti insegna a Ferrara fino al 1675, anno in cui Bartolomeo ha solo quattro anni. L'importante è farlo apparire come una mente stimolata da altre menti che avevano scritto per primi di "salire per aria in una nave sostenuta da uno o più globi resi più leggeri dall'aria", un "sogno" che i fratelli Mongolfier avrebbero realizzato solo nel 1783.
Cecilia è una donna molto pia e l'influenza di Magrino sulle misteriose attività del marito non le piace. Il Chiozzi continua infatti a fare strane magie a Ferrara, legge nella mente delle persone, organizza meravigliose feste nella sua casa illuminata a giorno con incredibili luci artificiali che nemmeno la casa di Londra di Murdock nel 1802 poteva eguagliare. E soprattutto, aiutato dalla potenza del fuoco greco di Urlone, torna ad essere l'eroe incontrastato della storia ferrarese aiutando l'esercito nella guerra contro gli Alemanni nel 1708.
Ma non è l'unico a distinguersi sul campo di battaglia. Fra i prodi e valorosi soldati che combattono per Ferrara, quello che raccoglie più onori è Francesco Riviera da Urbino. Di modi dolci, coraggioso e temerario, il Riviera si invaghisce di una signora molto amica di Bartolomeo Chiozzi, il quale ne diventa gelosissimo.
La sua magia può tutto, eccetto vincere su un sortilegio ancora più grande: l'amore.
Ma l'appuntamento è solo rimandato ad un'altra battaglia, quella contro i tedeschi intenzionati ad invadere la città nel 1708. Riviera si apposta con pochi uomini al mulino sopra il Canale di Cento, l'ultimo presidio a difesa di Ferrara, a poca distanza dalla Porta S. Paolo, entro la quale un nucleo di soldati è appostato in caso di necessità di rinforzi. Ma quando la battaglia volge al peggio per gli uomini di Riviera, il Chiozzi con un incanto fa sparire le chiavi di Porta Paola, impedendo ai soldati di soccorrere il valoroso soldato, che muore così da eroe combattendo. Evidentemente, il Chiozzi, con tutti i suoi rimorsi, ripartì troppo presto da Ferrara verso luoghi lontani per conoscere la cronaca reale dei fatti, quella raccontata dal Sandri nelle sue vere proporzioni storiche. Il Capitano Riviera viene sì ferito, ma non ucciso ed è ancora una volta la fantasia romantica del narratore, che si definisce contemporaneo e amico del Chiozzi, ad intessere una tela nella quale al naturale si innesta il sovrannaturale, con l'intento di rendere più efficaci i poteri del mago.
La leggenda ci riporta a Ferrara nel 1717, quando il Chiozzi, approfittando dell'assenza di Urlone, entra nella Chiesa di S. Domenico, nei pressi della quale si trova il Tribunale dell'Inquisizione, costituito per combattere gli eretici e la stregoneria.
Toccato dalla grazia divina, Bartolomeo comprende di voler troncare definitivamente ogni commercio con il demonio e il 14 agosto 1717, con una scusa, riesce ad allontanare Magrino e ad entrare nella Chiesa di S. Domenico, dove i Padri lo attendono per liberarlo dall'inimico infernale. L'Urlone, richiamato dalla forza delle sacre preghiere dell'esorcismo, irrompe nella chiesa mostrando il suo vero aspetto demoniaco, ma per lui non c'è scampo: il rito, oltre a rompere il vincolo, lo confina nuovamente nel Barco, dove ancora se ne sentono gli strepiti specialmente quando imperversa bufera di tramontana.
Il Chiozzi è finalmente libero di vivere una vita colma di domestiche virtù: diventa un eccellente padre di famiglia, abbandona le scienze occulte e si dedica a studi idraulici, agrari, di geologia, geodesia e scienze economiche. Tutto scorre tranquillo, finché il 14 agosto 1729, nel dirigersi a Trecenta, passa vicino al Barco. L'Urlone gli impedisce il proseguimento della via, vuole ad ogni costo patteggiare di nuovo con lui, ma Bartolomeo è irremovibile. Urlone bestemmia e promette di vendicarsi, così scatena su Trecenta una tremenda tempesta che la distrugge, di quelle che nelle campagne ferraresi e venete una tradizione radicata attribuisce agli spiriti maligni, di quelle con la grandine, nel cui chicco, si dice, è la zampa del diavolo. Dopo quell'avvenimento, il Chiozzi torna a Ferrara e cade infermo. Solo nella fede troverà la forza di guarire e rimessosi in salute scriverà opere grandiose dedicate ai sistemi di scolo nella provincia, all'interrimento delle valli comacchiesi, a nuovi metodi di coltura che potevano moltiplicare i raccolti, non limitandosi alla parte teorica, ma estendendo le sue tesi alla parte pratica dell'esecuzione, in particolare quella economica.
Dopo la sua morte nel 1744 e la sepoltura nella Chiesa di S. Michele "con molti onori", la famiglia viene consigliata di distruggere immediatamente tutti gli scritti del Chiozzi, senza nessuna distinzione. "Quelle opere avrebbero immensamente giovato alla diletta patria, e sarebbero altresì state utili alla fama del Chiozzi, compensando i di lui errori, giacché il solo pentimento non cancella la memoria della colpa".
Ed ecco concludersi la leggenda, con quel senso di amarezza e biasimo che forse solo il Sandri, nella cronaca di Ferrara (1700-1831), all'anno 1744, riesce ad interpretare storicamente: “Alla morte di Bartolomeo Chiozzi, Ingegnere in Ferrara, fu abbrucciato tutti suoi libri di Magie e di diversi Scritti. Ad ordine della Sacra Inquisizione fu portato alla Parocchia S. Michele – abbitava su la via Grande al N... (forse 4274); questo era di oppignone che avesse fatto parte con un Spirito ma queste sono cose più favolose che vere: fu un detto di suo amico Freguglia”.
Lo stesso Marco Antonio Freguglia che era stato suo precettore, che esercitava l'avvocatura, che era di sentimenti religiosi e che in diverse occasioni aveva sostenuto la Chiesa di S. Domenico.
E così forse sul conto del "ravveduto" Bartolomeo Chiozzi gravano ancora dubbi in merito alla spontaneità della conversione. La distruzione delle sue opere scientifiche rappresenta l'applicazione di una damnatio memoriae che qualcuno, forse un religioso, in un tempo quasi certamente successivo all'epoca in cui i fatti si svolsero, desidera colmare attraverso l'unione di fatti storici e leggendari rivolgendolo ad intento ascetico.
Proprio come il Faust di Goethe, Bartolomeo Chiozzi non è né un semplice scienziato né un mago, ma un uomo che, come molti prima e dopo di lui, cerca di sfidare i limiti della conoscenza e della fede, finendo per diventare una leggenda, sospesa tra il mito e la realtà. E forse, nella sua morte e nella distruzione dei suoi scritti, si cela la vera essenza della sua esistenza: una ricerca incessante, mai del tutto compresa, capace di superare i limiti dell'umano per avvicinarsi all'infinito.
Bibliografia, link ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:
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Bartolomeo Chiozzi e la sua leggenda – Analisi critica dell'Opuscolo "La Magia" del Dott. Ugo Quaglio (Estratto del Vol. XI degli Atti della Deputazione Ferrarese di Storia Patria) – Premia Tipografia Sociale G. Zuffi e C., Ferrara (1900)
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Fatti, miracoli e leggende di Ferrara antica di Maria Teresa Mistri Parente – Casa Editrice Alba (2000) – Il Mago Chiozzino (pagg. 103/105) – L'Urlon del Barco (pagg. 107/109)
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Per approfondire:
- Il Barco di Ferrara
- Le streghe Emiliane: i nomi della persecuzione – articolo di Andrea Romanazzi del Centro Studi Misteri Italiani (01/04/2023)
- 1705: inondazione alla Porta degli Angeli di Claudio Castaldelli e Silvana Onofri - Collana Quaderni dell’Ariosto N. 62, Ferrara (2011)
- L'inondazione del Po del 1705 – articolo a cura delSistema Informativo sulle Catastrofi Idrogeologiche (SICI) -
Video Youtube:
- La leggenda del Mago Chiozzino (letture di Umberto Scopa)
- Il mago Chiozzino seconda versione (letture di Umberto Scopa)







