Folklore e Leggende

Mostri e creature mitologiche della tradizione emiliana e romagnola: la fiera della paura

Ci sarà chi da piccolo ha sentito narrare dai propri nonni di mostri ed animali fantastici che popolano i nostri boschi e fiumi e che di notte si aggirano, pericolosi, a caccia di giovani ed innocenti prede.

 

Mostri del territorio emiliano romagnoloQueste creature fanno parte del folklore e dell'immaginario popolare da secoli e dato il fascino ed il mistero che da sempre le circondano, ho trovato interessante farne una panoramica.

Nella nostra pianura emiliano-romagnola, coperta da una capillarità di corsi d'acqua determinanti per la vita delle persone, è naturale che questi mostri siano soprattutto legati a fiumi o paludi.

L'acqua è inoltre un potente canalizzatore di energie e nello stesso tempo un elemento misterioso, poiché non sappiamo ciò che si cela sotto la sua superficie. Questa è la ragione della moltitudine di mostri leggendari legati ad essa.

 

Mostro del SaracenoIl Mostro del Saraceno, ad esempio, terrorizzò dal maggio al giugno del 1957 le campagne di una borgata di Molinella (Saraceno di Santa Maria Codifiume) con muggiti che salivano dall'acqua di alcuni maceri presenti in zona, richiamando l'attenzione di migliaia di curiosi, provenienti non solo dalle località limitrofi, ma da ogni parte d'Italia. Dopo la cattura, avvenuta alla presenza di oltre 10.000 persone, si scoprì che questo mostro altro non era che un rarissimo esemplare di rana muggente cornuta dell'America Latina (meglio noto come Rana-Bue), del peso di 1 Kg e lunga almeno 40 centimetri, e che i ruggiti emessi servivano all'animale quale richiamo nel periodo dell'accoppiamento.

 

La BordaLa Borda è una creatura nota in molte zone dell'Emilia-Romagna, della Lombardia e del Veneto. E' una strega bendata e orribile legata alle zone paludose, agli stagni e ai canali, che appare nelle ore buie o nelle giornate nebbiose e uccide in modo cruento chiunque abbia la sventura di incontrarla. È invocata dagli adulti per spaventare i bambini e tenerli lontani da questi luoghi pericolosi e a non a caso a lei sono dedicate alcune ninne nanne romagnole che raccontano di come essa uccida i bambini che non stanno buoni e non vogliono dormire strangolandoli con un laccio o una corda. La Borda è una figura così radicata nei nostri territori che lo scrittore Eraldo Baldini l'ha trasportarla nel terzo millennio con il suo romanzo di genere “Gotico Rurale” intitolato “Mal'aria”, dal quale è stata tratta l'omonima miniserie TV trasmessa dalla RAI.

 

La PalpastrigaAnche la Palpastriga è una figura popolare conosciuta in molte zone dell'Emilia-Romagna e non solo. Un terzo donna (ma in alcuni casi, vi sono dubbi sul sesso), un terzo strega, un terzo spettro, amica dei pipistrelli, vestita di ragnatele nere, il corpo semitrasparente, la Palpastriga si nutre delle virtù altrui, le trasforma in difetti e vizi che poi restituisce alle vittime. A Copparo, Formignana, Mesola è considerata una misteriosa presenza legata all'acqua, ma può capitare di incontrarla nottetempo anche nelle città e nei borghi, quando evocata dalle strie e invocata dalla cattiveria umana. La Palpastriga è un essere generato dalla povertà, inventato in particolare per allontanare dalle campagne ladri e briganti che fino agli anni Cinquanta del Novecento vi si aggiravano, spinti da uno spettro ben più temibile: la fame.

 

Homo Saurus, il Mostro del PoIl Mostro del Po, chiamato anche Homo Saurus, è invece noto da tempi più recenti. Il primo avvistamento avvenne il 13 agosto 1986 nei pressi di Pincara (RO), vicino al Canal Bianco. Da quel momento decine di persone sostennero di avere avvistato questo essere anche in paesi limitrofi come Roncala, Frassinelle, Chiesa. Secondo i racconti, il mostro è alto più di 2 metri, ha mani con quattro dita palmate, piedi palmati dotati di tre dita con unghie assottigliate e appuntite, andatura barcollante, pupilla giallognola-rossastra, muso allungato, denti piccoli ed aguzzi, corpo interamente ricoperto da squame verdi come gli anfibi. In pratica, un Rettiliano. In alcuni casi, si associarono all'avvistamento altri fenomeni paranormali come luci abbaglianti che provenivano da un oggetto semisferico nel bosco o disturbi causati da un'esposizione a radiazioni.
I membri dell'USAC (Ufologic Studies Academic Center), coordinati dal Prof. Sebastiano Di Gennaro, sono stati i primi a muoversi per indagare, perlustrando il territorio, raccogliendo testimonianze e reperti. Queste ricerche hanno portato alla pubblicazione di un libro dal titolo “Homo Saurus, Una creatura aliena sta popolando il nostro mondo” (Edizioni Cartografica, Ferrara, 2004).

 

La Biscia LattonaLa Biscia Lattona (Béssa Latôna in dialetto) è una creatura presente da tempo immemore nella cultura popolare di tutta Europa, anche se in forma diversa. E' infatti una credenza plurimillenaria che i serpenti siano ghiottissimi di latte di donna. Perciò, si narrava che ne esistesse uno, di colore nero, grosso quanto un polso, lungo circa due metri e furbissimo che, complice la notte, usava sostituirsi con la propria bocca a quella del neonato approfittando dello stato di dormiveglia nel quale la madre si apprestava a porgere il seno al bambino. Per farlo tacere gli offriva l'estremità della propria coda. Il bimbo, così, deperiva giorno dopo giorno, rendendo sempre più guardinga la madre. La cosa rendeva più difficile, alla biscia, attuare l'inganno, consigliandole di migrare verso altre culle.

 

MagalassoIl Magalasso è un altro rettile mostruoso che si trova a Spilamberto, nel modenese. Si tratta di un serpente con occhi e denti da uomo, il corpo a righe colorate e alcune caratteristiche anatomiche dei draghi, che si dice viva nel vecchio fossato del Torrione del paese, dal quale esce solo per terrorizzare i paesani. Un altro suo terreno di caccia è tra le canne e i rovi vicino al fiume

Panaro. L’ultimo avvistamento ufficiale risale al 1982, quando il suo lungo sibilo venne udito da una moltitudine di cittadini rifugiati nel Torrione (non si sa perché). Chi lo ha incontrato sostiene che non sia malvagio o pericoloso, ma che si diverta a spaventare la gente, poiché pare che incarni le paure inconsce dell’essere umano.

 

La MaramaculaA Mezzogoro, frazione di Codigoro nel ferrarese, si trova invece una misteriosa creatura acquatica chiamata Maramacula, che si aggira nei canali che attraversano la cittadina in cerca di vittime. Secondo alcuni, la sua origine risalirebbe ad uno scherzo fatto da alcuni buontemponi ad un amico. Secondo altri, la leggenda della Maramacula sarebbe nata dalla caduta di un ragazzo in un pozzo che per lo spavento credette di vedere la creatura, quando in realtà era solo il riflesso della luna. Da allora la Maramacula è una sorta di mascotte locale e il suo nome si usa per apostrofare gli ingenui.

 

Il MazapégulIn diverse località della provincia emiliano-romagnola si parla poi di folletti e gnomi. Il Mazapégul, per esempio, sarebbe un folletto domestico appartenente alla mitologia romagnola. Si dice che possieda caratteristiche umanoidi, feline e scimmiesche, che porti un berretto rosso, che infesti le case e che possa essere molto dispettoso, al punto da provocare incubi e sensazioni di soffocamento ai dormienti, infastidire gli animali nelle stalle o tormentare le donne delle quali si invaghisce che non contraccambiano il suo sentimento. Il modo più diretto per liberarsi di un Mazapégul è togliergli il berretto rosso, senza il quale perde tutti i suoi poteri. Ma se non ci si riuscisse, vi sono altri rimedi e riti casalinghi per allontanarlo.

 

Il Barbanèn, follettoIl Barbanèn è un folletto tipico delle zone di Imola, conosciuto anche come Cardinalèn per la sua abitudine di indossare abiti rossi. E' un maestro degli scherzi: fa scappare il bestiame o entra nelle case per nascondere oggetti di valore, che poi non verranno mai più ritrovati. Anche se senza poteri magici, si diverte a creare ostacoli invisibili sul terreno per far inciampare chiunque transiti nel suo habitat.

 

Sembra che siamo arrivati alla fine del nostro racconto. E invece no.

 

Drago di Belverde, RiminiL'essere probabilmente più temibile e radicato da sempre nel folklore popolare dei nostri territori è il Drago. L'Emilia-Romagna, infatti, è considerata a ragione terra di draghi, dal momento che in molti paesi della regione è sorta una tradizione orale che si focalizza su questi esseri sputafuoco.
Le cronache di avvistamenti e di leggende tramandate di generazione in generazione sono innumerevoli.
La leggenda del Drago di Bubano, nell'imolese, risale al 1062 e racconta di un terribile ed enorme serpente che dimorava nella palude, uccideva il bestiame, avvelenava l'acqua, che nemmeno le truppe imolesi guidate da Cassiano Oroboni riuscirono a sconfiggere. Per alcuni autori, il drago fu ucciso da un contadino umile e timorato di Dio attraverso del pane benedetto. Per altri, fu San Basilio a trafiggere il serpente con il Velo della Vergine.
Vi sono poi cronache risalenti al XVII secolo che descrivono la presenza di un drago nel fitto bosco che un tempo ricopriva la località di “Belverde” (oggi Belvedere) a sud di Rimini, a metà del XIV secolo. Il drago era un vero e proprio flagello, così vorace di uomini da rendere impraticabile il passaggio per la selva. Solo l'esercito Malatestiano, nel 1333, riuscì a sconfiggerlo, deponendo poi le sue ossa in una chiesa appositamente costruita. Dopo i bombardamenti del 1944, che fecero crollare la chiesa, di queste ossa è rimasta solo la leggenda.
Drago di Bologna - Draco BononiensisIl Draco Bononiensis, comparso il 13 maggio 1572 in località Malavolta, poco fuori la cinta muraria di Bologna, era un enorme drago bipede che sibilava come un serpente. Fu un contadino che stava passando sulla pubblica via che trovandosi di fronte il mostro, lo uccise colpendolo con un pungolo sulla testa. Il corpo dell'animale venne raccolto ed affidato ad Ulisse Aldrovandi, celebre naturalista bolognese, che una volta osservato questo animale rarissimo, mai visto in Italia né in Europa, lo fece disegnare dal vero, seccare con gran cura, ed infine esporre nel suo museo di storia naturale. La curiosa vicenda è narrata, nel “Serpentum, et draconum historiae libri duo”, una delle opere dell'Aldrovandi pubblicata nel 1640.

Si racconta poi che nelle campagne di Meldola, nella bassa Romagna, tra il 1935 ed il 1970, vennero avvistate delle creature descritte come serpenti di immani dimensioni con ali, cresta e collo lungo.

Carro contadino con creature fantastiche

Per aggiungere una mia esperienza personale, posso dirvi che durante una visita al Museo della Civiltà Contadina di San Marino di Bentivoglio ho avuto modo di soffermarmi ad osservare i particolari decorativi di un carro agricolo intarsiato, costruito dal carradore Saverio Dalla per Ferdinando Loli nel 1892. Al centro, si trova l'immagine della Madonna con il Bambino ed ai lati una serie di creature, alcune alate, simili a draghi, che sputano dalle fauci fiamme trasformate dagli abili artigiani in decorativi motivi floreali e naturalistici. Una prova evidente che queste creature sono da sempre presenti nel nostro folklore popolare e contadino.

 

Con tutti questi mostri e creature fantastiche, non credete che “l'uomo nero” sia al confronto un coniglietto pasquale?
Alla fine di questo articolo, più che discutere sulle credenze delle persone, sono interessata al motivo profondo che le ha spinte a generare in passato esseri che incarnino la paura stessa, così evocativi da continuare ad esistere anche nella nostra epoca.

Ho la sensazione che ogni mostro spaventoso incontrato nelle leggende, nelle favole, nelle storie o nelle cronache, sia lì per metterci alla prova.

La sua esistenza nel nostro mondo è legata prima di tutto a quanto siamo in grado di affrontare le nostre paure più profonde. Non illudiamoci, molte di queste non verranno mai superate. Ed è per questo che tali creature continueranno a sopravvivere.

 

Bibliografia, documenti, link ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:

 

 

- Per la Rana-Bue:

- “Molinella, 1957 – La Rana-Bue” - Tratto da "Tanti saluti dal secolo scorso. Diario molinellese del '900" di Andrea Martelli - La Compagnia del Caffè (2000) - Pag. 201