Sala Bolognese è una località dalle origini antiche. La celebrità del suo territorio, oltre al suo castello, viene ascritta alla presenza dei Signori di Sala, uomini di nobili origini la cui storia si intreccia con le vicende della Contessa Matilde di Canossa.
Ma chi erano questi Signori di Sala, tanto rispettati ma nello stesso tempo così temuti?
Alberico figlio di Giasone, di cui si parla nel 1014, è considerato il capostipite di questa famiglia e ottenne in enfiteusi dal monastero di Nonantola numerosi terreni, fra i quali la corte e il "castellare" di Sant'Agata (presso l'attuale Sant'Agata Bolognese). Nel 1038, il figlio Tegrimo annoverava fra i suoi numerosi possedimenti gran parte delle terre situate nel distretto persicetano. Nell'XI secolo, la famiglia ottenne metà del possesso del castrum di Sala dal Vescovo di Parma. Questo castello, localizzabile nell'odierna Sala Bolognese, acquisì un'importanza tale per i suoi nuovi proprietari che da quel momento essi assunsero la denominazione "da Sala" e così verranno citati in tutti i documenti successivi. Probabilmente fu proprio per la priorità conferita a questo possedimento, che nel 1071 Agigone del fu Agigone da Sala rimise l'uso del castello di Sant'Agata nelle mani dell'Abate di Nonantola Landolfo I.
Tuttavia, in qualità di vassalli dell'Abbazia di Nonandola, come Landolfo I e i suoi monaci, inizialmente i "da Sala" dovettero seguire l'indirizzo del partito filoimperiale, scendendo in campo nella "Lotta per le Investiture" al fianco dell'Imperatore Enrico IV, difendendo il castello di Sant'Agata dalle truppe di Matilde di Canossa, fedele alleata del Papa.
Persero miseramente: la contessa debellò i Signori di Sala espugnando il castello da loro non sufficientemente fortificato.
Tutto questo dovette avvenire prima del 1077, perché da tale data, che vide l'Imperatore Enrico IV scomunicato, costretto ad umiliarsi implorando perdono ai piedi del Papa in presenza della stessa Matilde proprio nel Castello dei Canossa, sia i Signori di Sala che l'Abate di Nonantola erano apertamente schierati col partito del Papa a fianco di Matilde.
Solo cinque anni dopo, però, l'imperatore era pronto alla vendetta: scese in Italia e nel 1082 conquistò Roma, scacciandone il pontefice Gregorio VII e nominando al suo posto l'arcivescovo di Ravenna Guiberto, col nome di Clemente III. Successivamente, l'offensiva continuò verso i territori dei Canossa, un feudo immenso che comprendeva la Toscana, l'Emilia e buona parte della Lombardia. Una volta sconfitte le truppe matildiche a nord del Po (1090), gli imperiali attaccarono le roccaforti avversarie sulle prime pendici appenniniche. Nel 1092 furono conquistati Monte Morello e Monte Alfredo, ma quando venne tentato l'assalto alla Rocca di Monteveglio i difensori, guidati dalla stessa Matilde, respinsero ogni attacco. La fortezza non fu mai presa, gli assedianti dovettero ritirarsi e questa sconfitta segnò il destino di Enrico IV. Costretto ad abbandonare l'Italia mentre l'antipapa veniva deposto, una volta rientrato in Germania nel 1114, fu detronizzato ed incarcerato dal figlio (futuro Enrico V), morendo poi in esilio, abbandonato da tutti. Si concludeva così anche il sogno egemonico del Sacro Romano Impero, che nella Chiesa e nei suoi alleati aveva trovato un insormontabile ostacolo.
In realtà, la vittoriosa resistenza delle truppe matildiche a Monteveglio venne favorita dall'arrivo di rinforzi e rifornimenti inviati dalle comunità rurali e dai feudatari alleati della contessa: i Signori di Imola, Sasso, Gonzaga, Castelvecchio e Palude. L'aiuto maggiore, però, provenì dai potenti Signori di Sala, e a quanto pare segnò le sorti di un'importante contesa a livello europeo.
Il ruolo essenziale giocato dai Signori di Sala nel conflitto a Monteveglio è testimoniato da un documento della stessa Matilde, datato 23 maggio 1112, con il quale, nel concedere loro alcuni privilegi (poco prima erano stati insigniti del ruolo di Conti di Sala), lei li descrisse come "Quei nobili uomini di Sala, che molto mi servirono nella lotta contro l'Imperatore Enrico IV".
Grazie all'alleanza con Matilde ed al dominio sul castello di Sala, che divenne totale nel XII secolo, i Conti di Sala accrebbero notevolmente ricchezza e potere.
Dai documenti si evince inoltre la fitta rete di relazioni stabilita dai Conti di Sala con l'Abbazia di Nonantola e con il Vescovo di Parma: abbiamo un Azo de Sala, nel 1108-1110, un Petrus de Sala in una donazione del 1113, un Albertus de Sala in un atto del 1115 e nel 1179 un Gerardo de Sala, priore del Convento di Santa Maria di Reno (vicino a Casalecchio), dove era entrato in qualità di converso con una ricca dote di beni.
Il crollo della casata avvenne nel XIII secolo, quando i Bolognesi conquistarono e distrussero il Castello di Sala. Gli antichi signori feudali, spogliati dei loro beni, furono costretti ad abbandonare i loro possedimenti per confluire a Bologna o disperdersi altrove. Dal ramo bolognese, secondo diversi studiosi, avrà origine il nobile casato dei Ghisilieri.
Un altro ramo manterrà invece il cognome originario rimanendo legato al territorio avito. Esso contenderà infatti per lungo tempo all'Ordine di Santa Maria di Reno i beni che Gerardo, nel 1179, gli aveva donato. L'ordine, infatti, era proprietario di una sesta parte del Castello di Sala e di altre sostanziose possessioni più volte citate nelle possessioni di Lucio III e Urbano III. Ancora nel Cinquecento, quando Papa Giulio II unirà Santa Maria di Reno a San Salvatore, un tal Tommaso da Sala, che sosteneva di discendere da quella nobile famiglia, tentò con ogni mezzo di rivendicare il giuspatronato sulla Ecclesia de Sala, attribuito all'Ordine di Santa Maria con un breve di Lucio III nel 1182.
Il fatto che quasi trecento anni dopo la distruzione del loro feudo, i discendenti dei Conti di Sala tentassero ancora di recuperare almeno in parte i loro antichi privilegi la dice lunga sul temperamento orgoglioso e agguerrito di questo casato, che è stato in grado di condizionare a lungo, con il suo potere, le sorti delle terre di Sala Bolognese.
Bibliografia ed altri documenti utili alla scrittura dell'articolo:
- Questo articolo è ispirato interamente al capitolo dedicato a Sala Bolognese del libro "Rocche, borghi e castelli di Terre d'Acqua" di Pierangelo Pancaldi e Alberto Tampellini a cura di Floriano Govoni – Edizioni Marefosca (2006) – pagg. 229/234.
- Per approfondire:
- Le chiese parrocchiali della Diocesi di Bologna ritratte e descritte" – Tomo I – scheda 34 (1844)
- La Pieve di Sala Bolognese: il monumento redento – articolo su "Storie di Pianura"
- Canonici regolari di Santa Maria di Reno su Wikipedia
- Lotta per le investiture su Wikipedia