Ci sono luoghi che custodiscono storie capaci di attraversare i secoli, testimoni silenziosi di eventi che hanno segnato la nostra identità. Nelle campagne imolesi, tra le dolci colline che digradano verso il fiume Santerno, sorgono tre complessi monumentali che meritano di essere riscoperti: Villa Pasolini Dall'Onda di Montericco, Villa Torano e la Chiesa di Riviera. Non semplici dimore storiche o edifici di culto, ma autentici scrigni di memoria collettiva, dove la pietra e gli affreschi raccontano vicende che si intrecciano con la grande Storia.
Il Palazzo di Montericco si erge su una terrazza fluviale come un'antica sentinella. La sua origine risale alla seconda metà del Cinquecento, quando la nobile famiglia Codronchi decise di edificarlo su un preesistente torrione di guardia. La struttura quadrata e massiccia, con la base a torre e le guardiole con feritoie ai quattro angoli, tradisce la sua vocazione difensiva originaria, pur con la trasformazione nel tempo in elegante residenza di campagna. Il massiccio volume cubico è tipico delle dimore storiche del territorio imolese, inserito com'è all'interno di un grande parco che ancora oggi conserva pregevoli elementi del giardino all'italiana.
Ma è nelle vicende umane che questo palazzo trova la sua dimensione più affascinante. L'ultimo della casata Codronchi fu Antonio, Cardinale Legato della Legazione di Ravenna, che risiedette a lungo nella villa fino alla sua morte nel 1826. In lui era confluito l'intero patrimonio familiare, poiché i fratelli erano morti precedentemente senza eredi. Alla sua scomparsa, Villa Montericco passò al Conte Pier Desiderio Pasolini dall'Onda, figlio della Contessa Teresa Codronchi e di Giuseppe Pasolini dall'Onda.
Ed è proprio con Giuseppe Pasolini dall'Onda che Villa Montericco diventa palcoscenico del Risorgimento italiano. Una lapide murata
nel palazzo ricorda le frequenti visite del Vescovo di Imola, il Cardinale Giovanni Maria Mastai-Ferretti, che sarebbe divenuto Papa Pio IX. Il palazzo si trasformò in sede di colloqui, dibattiti e discussioni politiche che videro la partecipazione di personaggi destinati a segnare la storia dell'unificazione italiana: Marco Minghetti, che sarebbe divenuto Presidente del Consiglio del Regno d'Italia, e Luigi Carlo Farini, figura di primo piano del movimento liberale. Quante idee, quanti progetti di nazione sono stati concepiti tra quelle mura, mentre fuori la campagna imolese continuava il suo ritmo immutabile!
A poca distanza, in località Torano, sorge un'altra villa vescovile che merita attenzione. Il Palazzo dei Vescovi di Imola fu costruito tra il 1620 e il 1625, in aderenza alla parte absidale della chiesa sicuramente preesistente. Si tratta del centro di quella che un tempo fu la signoria di Torano e Poggiolo, un piccolo feudo sotto la giurisdizione spirituale e temporale dei Vescovi di Imola. Durante il periodo napoleonico la proprietà non fu requisita e restò al Vescovo, testimonianza del particolare status di cui godeva. Nel 1817, dopo la Restaurazione, si avviarono importanti lavori per rendere la villa più abitabile e confortevole.
L'interno di Villa Torano è un trionfo di eleganza settecentesca. Una scala a chiocciola in cotto unisce il piano terreno al primo piano, mentre il soffitto della sala da pranzo e le decorazioni in stucco sovraporta testimoniano la raffinatezza del gusto dell'epoca. Ma il gioiello della villa è la galleria dello Zodiaco al primo piano: dodici specchi in finto marmo presentano alla sommità un segno zodiacale con il nome del mese, la lunghezza delle ore del giorno e della notte, e i lavori agricoli da eseguire. Un calendario perpetuo che unisce astronomia, agricoltura e arte decorativa in un'armonia perfetta.
Anche gli spazi esterni parlano di storia: la pregevole vasca in cotto fu fatta costruire nel 1826 dal Cardinale Giacomo Giustiniani, mentre il cancello in ferro battuto all'ingresso della villa risale al 1836, voluto dal Vescovo Mastai-Ferretti. Ma Villa Torano ha un altro primato: fu testimone di un episodio del Risorgimento italiano poco conosciuto. Nel 1843, in seguito ai moti rivoluzionari di Savigno, un centinaio di rivoltosi tentò di rapire tre Cardinali che contemporaneamente risiedevano in villeggiatura nella villa – Mastai-Ferretti Vescovo di Imola, Luigi Amat Legato Pontificio di Ravenna e Chiarissimo Falconieri Arcivescovo di Ravenna – per tenerli in ostaggio e obbligare lo Stato Pontificio alle riforme. Il tentativo fu sventato dal Cardinale Amat, ma l'episodio dimostra quanto questi luoghi fossero al centro delle tensioni politiche dell'epoca.
La Chiesa di Torano, dedicata alla Natività della Beata Vergine Maria e costruita nel 1614, custodiva un segreto straordinario. Durante un recente restauro condotto dalla Dottoressa Margherita Boffo è emerso che l'affresco della Madonna si estendeva al di sotto della cornice di gesso fino a mostrare interamente la Vergine seduta in trono con un devoto ai suoi piedi. È venuta alla luce anche un'iscrizione che data l'affresco al 1480, ben più antico quindi della chiesa stessa, probabilmente proveniente da un edificio precedente.
Questa "Maestà di Torano", come è stata ribattezzata, rappresenta una scoperta di eccezionale valore artistico e storico, testimonianza di una tradizione pittorica locale ancora da esplorare completamente.
Ma il vero tesoro nascosto dell'imolese si trova tra le località di Casalfiumanese e Borgo Tossignano: il Santuario della Madonna di Riviera, detto della Visitazione. Risalente al XIV secolo, è il più antico santuario della Vallata del Santerno. Edificato in stile tardo romanico a pianta rettangolare ad unica navata, rappresenta una delle poche chiese della provincia di Bologna costruita interamente in sasso di fiume. L'interno con soffitto a travi di legno ospita sei cappelle laterali di forma semicircolare.
Dal 1430 al 1653 si insediarono nel complesso i frati dell'Ordine dei Servi di Maria, fondato a Firenze nel 1233 da un gruppo di sette laici fiorentini dedicati alla venerazione della Santa Vergine Maria. Nel loro stemma sono raffigurati sette gigli con la corona della Vergine e le iniziali "M" di Maria e "S" dei Servi attorcigliate. Anche nella Chiesa di Riviera è stato ritrovato l'affresco con questo stemma, nascosto sotto lo scudo araldico delle famiglie Masolini e Gamberini del Cinquecento, testimonianza della stratificazione storica e artistica del luogo.
Gli affreschi della Chiesa di Riviera rappresentano un patrimonio di inestimabile valore, a lungo celato sotto strati di intonaco e degrado. Nell'abside spiccano le figure di San Giuseppe, Maria e la cugina Elisabetta nella scena della Visitazione, con il volto delicato dell'ancella accanto a Elisabetta. La volta presenta i quattro Evangelisti, mentre sul lato sinistro dell'abside si riconoscono San Leonardo e l'Arcidiacono Lorenzo. Questi affreschi, probabilmente realizzati nel XIV-XV secolo, erano giunti agli inizi degli anni 2000 in condizioni drammatiche: furono coperti da una velatura per impedirne il crollo completo.
Negli ultimi anni la Dottoressa Margherita Boffo, incaricata dalla Curia Vescovile di Imola, ha avviato un progetto di restauro che ha letteralmente riportato alla luce questi capolavori, permettendo di apprezzare la qualità pittorica e l'importanza storico-artistica di queste opere, che testimoniano la circolazione di maestranze qualificate anche in aree decentrate rispetto ai grandi centri urbani.
La Chiesa di Riviera ha anche un legame con uno dei grandi maestri del Rinascimento italiano. Nel 1448 il veneziano Jacopo Bellini, di passaggio nel convento durante un viaggio verso Firenze, dipinse una tavola rappresentante una Madonna con Bambino, probabilmente parte di un mobile appartenente ai Servi di Maria. L'opera fu scoperta nel 1912 e ceduta alla Pinacoteca di Brera, dove ancora oggi si trova, privando purtroppo il territorio di un'opera di tale importanza.
Queste tre realtà – Villa Montericco, Villa Torano e la Chiesa di Riviera – costituiscono un triangolo di memoria che attraversa cinque secoli di storia italiana. Dalle vicende risorgimentali discusse nei saloni delle ville, ai tentativi rivoluzionari che coinvolsero i prelati in villeggiatura, fino agli affreschi che parlano di devozione popolare e committenza ecclesiastica, ogni pietra, ogni pennellata racconta frammenti di vita vissuta.
Ma questa ricchezza è fragile, deve essere protetta, costantemente valorizzata e studiata approfonditamente. Non si tratta solo di conservare edifici storici o opere d'arte, ma di preservare la nostra identità collettiva, le radici da cui proveniamo, le storie che ci appartengono.
Il patrimonio culturale è come un affresco: se non lo si cura lentamente svanisce, strato dopo strato, fino a diventare un'ombra illeggibile. Ma se lo si protegge con sapienza, può parlare ancora per secoli, raccontando a chi verrà dopo di noi chi eravamo, cosa credevamo, come vivevamo. Villa Montericco, Villa Torano e la Chiesa di Riviera ci chiedono questo: di non lasciarle sole nel loro dialogo silenzioso con il tempo, ma di ascoltarle, studiarle, curarle. Perché un popolo che dimentica il proprio passato è destinato a smarrire anche il proprio futuro.
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