Varco il cancello principale su Corso Porta Mare e subito mi trovo di fronte a loro: i maestosi cedri del Libano, veri e propri giganti verdi che sembrano accogliermi come antichi guardiani di questo luogo straordinario. Con i loro rami che si allungano quasi fino a toccare l'asfalto, sostenuti da tiranti e pali di ferro per reggere il peso degli anni e della magnificenza, questi alberi monumentali sono l'emblema del Parco Massari, il più grande giardino pubblico del centro storico di Ferrara, con i suoi quattro ettari di prati, alberi, siepi e arbusti.
Mi fermo un istante ad ammirare la fontana circolare che domina l'ingresso, circondata da un'aiuola di rose e da betulle, tuie e altri sempreverdi. Quando l'acqua zampilla dolcemente crea un sottofondo rilassante, quasi ipnotico. Mentre cammino lungo i sentieri dall'andamento curvilineo, caratteristici del giardino all'inglese, mi chiedo quale fosse l'aspetto di questo luogo prima che diventasse il parco che tutti i ferraresi conoscono e amano. La risposta mi porta indietro nel tempo, a quando qui c'erano semplici orti.
Nel Settecento, quest'area era infatti una vasta estensione di terreni coltivati, proprietà della famiglia Bevilacqua. Fu il marchese Camillo Bevilacqua Cantelli a immaginare qualcosa di completamente diverso: un giardino che potesse far da cornice degna alla sua imponente residenza cinquecentesca, l'attuale Palazzo Massari. Nel 1780 affidò il progetto all'architetto ferrarese Luigi Cosimo Bertelli, che impiegò sette anni per completare quella che doveva essere una vera e propria opera d'arte vegetale.
Il giardino settecentesco doveva essere uno spettacolo magnifico. Provo a immaginarlo mentre percorro i viali: sette varchi di accesso monumentali (oggi ne restano solo due), un solenne viale centrale che dall'ingresso principale si allungava verso il fondo del parco, affiancato da ben cento colonne che sorreggevano altrettante statue di eroi e divinità della mitologia greca. Alcune di queste sculture sono oggi conservate a Voghiera, presso Villa Massari, ma nel loro splendore originario dovevano creare un effetto scenografico senza pari.
In fondo al viale zampillava una fontana grandiosa, con tre piatti sovrapposti che raccoglievano l'acqua e, in cima, una statua di Nettuno. Dove oggi noto un piccolo rialzamento del terreno, si trovavano arcate marmoree ricoperte di rampicanti, un altro elemento di quella scenografia barocca che anticipava le mode del tempo. Mi sposto verso destra, seguendo il sentiero, e cerco di visualizzare il teatro di verzura che qui sorgeva: un vero e proprio teatro all'aperto costruito con siepi di sempreverdi, dove si tenevano rappresentazioni e concerti. Un'idea affascinante, che testimonia come il giardino non fosse solo un luogo di bellezza estetica, ma uno spazio vivo, animato dalla cultura e dalle arti.
Sempre sul lato destro c'era la ghiacciaia, utilizzata fino all'epoca moderna per conservare il ghiaccio durante i mesi estivi, mentre a sinistra si trovavano i bagni – calidarium e tepidarium, come nelle antiche terme romane – e l'aranceto, dove venivano coltivati gli agrumi che profumavano l'aria con le loro essenze. L'intero spazio era organizzato in modo scenico, pensato per stupire e deliziare i visitatori.
Su Corso Ercole I d'Este (già via degli Angeli) si affacciava poi la raffinata Coffee House, un edificio neoclassico ispirato ai templi antichi che ancora oggi si può riconoscere come uno degli ingressi al parco. Questo piccolo tempio era il luogo dove i nobili si ritrovavano per conversare, sorseggiare caffè e ammirare il giardino da una prospettiva privilegiata.
Ma questo piccolo paradiso ebbe vita breve. La devastazione arrivò con l'occupazione francese: le truppe napoleoniche decisero di stabilire qui il loro accampamento militare, e il giardino barocco dei Bevilacqua venne pesantemente danneggiato. Statue abbattute, aiuole calpestate, quella magnificenza settecentesca ridotta a campo militare. È una pagina triste della storia del parco, che tuttavia non segna la fine della sua storia.
Nell'Ottocento, quando l'area passò ai conti Massari, il giardino venne ripristinato, ma con un'attitudine completamente diversa. I nuovi proprietari scelsero di importare la moda paesaggista del giardino all'inglese, che proprio in quegli anni si stava diffondendo in tutta Europa. L'idea era quella di creare un'apparenza più naturale e spontanea, dove i sentieri curvilinei nascondessero il confine del muro di cinta, facendo sembrare l'area ancora più vasta di quanto non fosse in realtà.
Fu in questo periodo che vennero piantati alcuni degli alberi più vecchi che ancora oggi posso ammirare. I cedri del Libano all'ingresso risalgono probabilmente al 1885 e all'epoca erano esemplari rarissimi e costosissimi. Non è un caso che furono sistemati vicino alla strada: i Massari volevano che tutti potessero vedere e apprezzare il successo e la ricchezza della famiglia. Ancora più antichi sono i tassi e le querce, piantati alla fine del Settecento e quindi sopravvissuti alle devastazioni napoleoniche.
Mentre cammino sotto le fronde di questi alberi centenari, mi soffermo ad ammirare la straordinaria varietà botanica del parco. Oltre ai cedri del Libano – tre esemplari, di cui due all'ingresso principale e uno all'interno, tutti inseriti nel primo Elenco degli alberi monumentali d'Italia – ci sono ginkgo biloba, bagolari, platani, paulonie, ippocastani, farnie, magnolie, betulle, tigli, pioppi, carpini bianchi, aceri campestri, abeti, pini, tuie, robinie, sofore e persino qualche ailanto. Un vero e proprio compendio di botanica, dove ogni albero racconta una storia diversa e contribuisce a creare quel microclima speciale che rende questo parco così unico.
Il ginkgo biloba, in particolare, attira la mia attenzione: è una specie antichissima, un vero e proprio fossile vivente che esisteva già prima dei dinosauri. Vederlo qui, nel cuore di Ferrara, mi fa riflettere sulla continuità della vita e sulla capacità della natura di resistere e prosperare attraverso i secoli. I bagolari, con le loro cortecce caratteristiche e le chiome ampie, offrono ombra generosa nelle giornate estive, mentre i platani, con i loro tronchi maculati, creano scenografie quasi pittoriche lungo i vialetti.
Mi avvicino a uno dei tre busti che punteggiano il parco. Quello di Giuseppe Verdi, realizzato nel 1914 dal piacentino Giacomo Zilocchi, mi ricorda quanto questo luogo sia stato testimone della vita culturale ferrarese. Poco distante trovo il busto di Cesare Battisti, donato nel 1940 dal ferrarese Amedeo Colla, e quello di Dante Alighieri, scolpito da Mirella Guidetti Giacometti e inaugurato nel 2000 per commemorare i settecento anni della Divina Commedia.
Nel 1936 i conti Massari vendettero il parco al Comune, che lo aprì al pubblico. Da quel momento il Parco Massari è diventato patrimonio di tutti i ferraresi, un luogo democratico dove generazioni di bambini hanno giocato, coppie hanno passeggiato, anziani si sono seduti a leggere il giornale all'ombra degli alberi secolari.
Non posso non pensare a Giorgio Bassani mentre cammino verso l'ingresso su Corso Ercole I d'Este. Fu proprio questo accesso che il regista Vittorio De Sica scelse per rappresentare l'ingresso del celebre giardino dei Finzi Contini nel film del 1970, tratto dal romanzo dello scrittore ferrarese. Anche se Bassani si ispirò maggiormente al giardino di Ninfa, nei pressi di Roma, il Parco Massari resta indissolubilmente legato a quella narrazione di bellezza, nostalgia e tragedia che ha reso immortale la storia della famiglia ebrea ferrarese.
Il parco ha vissuto altre trasformazioni nel corso del Novecento. Negli anni Settanta, di fronte all'accesso da Corso Porta Mare, fu allestito un labirinto di siepi, poi eliminato per questioni di sicurezza. Negli anni Ottanta, vicino all'attuale punto ristoro, si trovava il recinto delle capre, che ha dato il titolo al romanzo noir pubblicato da Lorenzo Mazzoni nel 2008. Sono piccoli tasselli di storia recente che si intrecciano con quella più antica, creando un palinsesto di memorie stratificate.
Oggi il parco continua a vivere e a evolversi. La parte centrale è divisa in tre porzioni da sentieri curvilinei che delimitano zone prative ben curate. C'è un'area giochi per bambini, un bar con tavolini all'aperto dove fermarsi a bere un caffè, panchine distribuite ovunque per chi vuole semplicemente fermarsi a contemplare la bellezza del luogo. I vialetti, in parte asfaltati, in parte lastricati di porfido o sterrati, sono fiancheggiati da siepi di bosso e laurotino. Piccoli lampioni in ghisa a forma di lanterna illuminano le serate, creando un'atmosfera quasi magica quando scende la sera.
In prossimità del muro di cinta su Via Guarini, alcune sopraelevazioni del terreno contribuiscono a creare la parvenza di un piccolo bosco, con ippocastani, robinie, sofore, bagolari, abeti e tassi che si intrecciano creando zone d'ombra profonda, perfette per chi cerca un po' di fresco nelle giornate estive. È in questi angoli più appartati che il parco rivela il suo carattere più intimo e selvatico.
Ho avuto la fortuna, recentemente, di vivere il Parco Massari in un modo del tutto speciale, partecipando allo shooting fotografico organizzato dal gruppo Splendido Vintage, dal titolo "Passeggiata d'Autunno". Le organizzatrici non avrebbero potuto scegliere location migliore per celebrare quella stagione magica. I colori dell'autunno – gli ori, i rossi, gli aranci delle foglie che cadono dai bagolari, dai platani, dai ginkgo – creavano una tavolozza naturale di una bellezza strabiliante. La splendida luce di quella giornata, morbida e dorata come solo quella autunnale sa essere, ha esaltato la bellezza delle modelle e l'originalità dei loro abiti anni Quaranta e Cinquanta, creando un dialogo perfetto tra passato e presente, tra la storia stratificata di questo giardino e la passione per un'epoca che non abbiamo vissuto ma che continuiamo ad amare e celebrare.
Vedendo camminare le modelle tra quei viali secolari, vestite alla moda di settant'anni fa, ho sentito che il Parco Massari non è solo un monumento alla storia o alla botanica: è un luogo dove ogni generazione può scrivere le proprie memorie, continuando quella narrazione che da oltre due secoli intreccia natura, arte e memoria in questo angolo prezioso di Ferrara.
Fonti:
- Mappe e Piante:
- Pianta ed alzato della città di Ferrara, Bolzoni (1747, aggiornata 1782) - centro
- Catasto Gregoriano, 1835 – Pianta (f e h) e Brogliardi (foglio 171) di Ferrara
- Parco Massari – Internoverde.it
- Parco Massari – Museoferrara.it
- Palazzo Massari – Museoferrara.it
- Parco Massari – Fedetails.net
- Giardino Massari – PAT Emilia-Romagna
- La maratona FAI lungo Corso Ercole I d'Este – Estense.com (19 ottobre 2015)
- Cedro 1 di Palazzo Massari – Ilregistrodeglialberi.it
- I Cedri del Libano di Parco Massari – Museiferrara.it
- Album Facebook "Shooting Passeggiata d'Autunno" (8 novembre 2025)







