Ci sono imprese che fanno diventare celebri sia le persone che le hanno compiute, sia i luoghi nelle quali si sono realizzate. Oggi vi parlerò dei Fratelli Campeggi e della loro impresa di raddrizzamento e traslazione del campanile di Trebbo di Reno.
L'attività dei Fratelli Campeggi è conosciuta fin dalla metà dell'Ottocento. Silvio e Pietro Campeggi, originari di Castel Campeggi, una frazione di Calderara di Reno, operavano già da qualche tempo come "muratori e assuntori di cottimi murari".
Questa azienda, che continua la sua attività da più di 150 anni, è contraddistinta da un logo che conserva la memoria di uno degli eventi più singolari che hanno caratterizzato la sua storia: si tratta di un campanile poggiato curiosamente su ruote sovrastato dalla data 1887.
Protagonisti di quell'anno furono i fratelli Pietro e Ulisse Campeggi ed il Parroco di Trebbo di Reno, Don Piero Spisani.
Secondo le cronache, Don Spisani già dal 1875 aveva ricevuto l'ordine da parte del Sindaco di Castel Maggiore di provvedere alla demolizione del campanile che pendeva pericolosamente verso ponente. A dire il vero, anche il parroco era preoccupato, soprattutto per i noiosi scuotimenti impressi al corpo della chiesa dalle campane, specie se suonate a doppio nelle feste più solenni.
Si trattava di problematiche antiche: fin dalla sua costruzione due secoli prima, sia chiesa che campanile erano stati innalzati insieme senza tenerli prudentemente distaccati. I difetti erano poi stati peggiorati da pesanti lavori di copertura eseguiti un secolo dopo e dal terreno sul quale l'edificio sorgeva, non certo idoneo ad assicurare stabilità ad un complesso simile, causa della forte pendenza del campanile.
Il parroco, però, non diede alcun seguito all'ordinanza del sindaco soprattutto perché era dibattuto tra i tanti consigli avuti tra l'abbattimento ed un difficile, se non impossibile, restauro. Così il campanile se ne rimase al suo posto, in attesa di tempi migliori.
La decisione di Don Spisani, chiaramente giudicata a posteriori, fu opportuna, in quanto ad essa si deve la straordinaria impresa del raddrizzamento e dello spostamento in altra sede del campanile, portata a compimento dodici anni dopo dai fratelli Ulisse e Pietro Campeggi.
I Campeggi assicurarono a Don Spisani che tale opera era possibile e che nel liberare la chiesa dal condizionamento creato dal campanile si sarebbe anche potuta completare per essa una rispettosa abside semicircolare.
E' interessante approfondire i termini del contratto stipulato tra le parti: i Campeggi chiesero un compenso di dodicimila lire, ma per la stessa somma si impegnavano a realizzare l'abside previa demolizione e ricostruzione del campanile, tale e quale all'originale, nel caso l'ardita operazione proposta non si fosse potuta realizzare per qualsiasi ragione.
Per il parroco la scommessa era vantaggiosa, ma i due Campeggi rischiavano un notevole danno economico qualora avessero fallito.
Inizialmente, il "progetto" di Ulisse Campeggi, che potremmo definire come il "direttore tecnico" dell'operazione, prevedeva l'utilizzo di materiali e di tecniche tradizionali, come travi in legno e taglie per la demoltiplicazione dello sforzo di tiro. Poi ci fu un colloquio nella canonica di Don Spisani con l'Ing. Giuseppe Ceri, che convinse Campeggi ad introdurre nel suo progetto due sostanziali varianti: rotaie e rulli d'acciaio anziché piani di legno levigato e insaponato per le "vie di corsa" del campanile dalla vecchia alla nuova fondazione, e martinetti a vite (allora li chiamavano "diavoletti") anziché taglie e funi. Con queste varianti, all'atto pratico il progetto si rivelò vincente.
I lavori iniziarono il 30 maggio con gli scavi per le fondamenta nuove che dovevano sorreggere il campanile dopo il trasloco. Il 24 giugno, festa del Patrono della Parrocchia, era già distaccato dalla vecchia fondazione. Il 27 luglio, verso sera, il campanile fu spostato per la prima volta di 4 cm. senza grandi difficoltà, tanto che le successive traslazioni furono eseguite dinanzi a personalità illustri come il Prefetto di Bologna, il Conte Scelsi e addirittura con i campanari di S. Pietro di Bologna, intenti a "scampanare" sullo stesso campanile.
Il 9 agosto 1887, la torre campanaria, con una base di 4x4 metri circa, un'altezza di oltre 30 metri ed un peso di circa quattrocento tonnellate, era stata traslata di 4 metri e murata alla nuova fondazione, senza alcun incidente.
L'impresa del Campeggi aveva emulato quella del ben più noto Aristotele Fioravanti, l'architetto che ben 432 anni prima aveva traslato a Bologna, in via Mazzini, l'alto campanile della Chiesa Parrocchiale di S. Maria del Tempio, detta "la Magione", oggi Chiesa di Santa Caterina D'Alessandria.
Le cronache dell'epoca diedero grandissima eco all'impresa, prendendola ad esempio quale possibile soluzione per le problematiche riscontrate su altre torri pendenti in Italia.
I racconti non furono però affidati solo alla penna dei giornalisti dell'epoca, ma anche alle rime dei cantastorie che a quei tempi battevano le stalle, le case, le osterie delle località più remote della campagna.
Tra i quaderni che Carlo Brighetti ha lasciato, è stata trovata una bellissima zirudella sullo spostamento del campanile di Trebbo. Questa poesia semplice, scritta in dialetto bolognese, è una testimonianza di inestimabile valore perché ci introduce nel modo di fare cultura dei "lavoraterra", dimenticati nel silenzio delle campagne.
La felice conclusione di quest'opera temeraria fruttò ovviamente ad Ulisse Campeggi una reputazione ben meritata, che si concretizzò, tra il 1888 ed il 1889, nello spostamento del campanile della Chiesa dei Santi Nicolò e Petronio di Funo, eseguito per complessive cinquemila lire. Ottomila di meno di quanto il parroco avrebbe dovuto spendere se avesse demolito e ricostruito il vecchio campanile, come proposto da un'altra impresa edile. Questa volta il campanile venne spostato di sei metri in linea retta e ripristinato.
In ultimo, vorrei riportare qui le parole scritte dal giornalista de "L'Unione" Giuseppe Gaetano Roncagli nel suo articolo del 1887 intitolato "Trasporto del Campanile": "Noi siamo dolenti che questo povero scritto avrà appena la vita che porta l'occasione e non potrà tramandare agli avvenire la memoria dell'opera del Campeggi. Ma rimane l'opera stessa e non mancheranno scrittori valorosi, i quali ricorderanno che nel secolo decimonono non mancò l'animo alle opere ardimentose e che facilmente si eseguirono. Così trascorsi altri quattro secoli e venute nuove generazioni, il nome del felice operatore verrà lodevolmente ricordato."
Roncagli aveva ragione. Nel corso del tempo molte pubblicazioni si sono susseguite a ricordare quelle opere pubbliche che fecero storia e che connotarono l'onestà, la competenza, ed anche quel tanto di rischio personale che sempre dovrebbe connotare ogni imprenditore degno di tal nome.
Io spero, con tutta umiltà, che questo mio scritto possa aggiungersi a quelle memorie.
Bibliografia, links ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:
- "Castel Maggiore, com'era e com'è" di Lorenzino Cremonini, Alinea Editrice (1986) – parte dedicata a Trebbo di Reno (pagg. 185-197). Dal libro sono state tratte anche le immagini pubblicate in questo articolo.
- "Storia d'altri tempi" di Francesco Bergonzoni, Architetto Giornalista e Pubblicista.
- Sul sito www.fratellicampeggi.it potrete scoprire, oltre alla storia, l'evoluzione dell'attività di famiglia nel corso del tempo.