Tommaso Baldi e la rapina della Diligenza Pontificia del 1849

Nell'Archivio Storico Comunale di Castel Guelfo di Bologna è conservato il resoconto degli atti processuali nei confronti di Tommaso Baldi, nativo di Cantalupo e domiciliato a Castel Guelfo, coinvolto nella grassazione con rapina a danno di una Diligenza Pontificia avvenuta a Toscanella il 4 maggio 1849.

 

Bartolomeo Pinelli (1817) - Viaggiatori assaliti da BrigantiE' piuttosto insolito trovare atti processuali nei confronti di briganti a partire dal 1849 fino alla caduta del Governo Pontificio (1859), poiché al tempo nelle Legazioni di Romagna, vigeva il Giudizio Statario. Emanato dall'Esercito Austriaco con notificazione del 5 giugno 1849, era essenzialmente un giudizio sommario, senza possibilità di difesa, pronunciato da un tribunale composto da ufficiali Austriaci, che si concludeva nella maggior parte dei casi con la condanna alla fucilazione. E' probabile che, essendo i reati stati commessi prima dell'entrata in vigore del Giudizio Statario e l’imputato arrestato prima dell’arrivo dell’esercito Austriaco, la competenza fosse del Governo Pontificio, e quindi di un tribunale civile.

 

Gli atti del processo hanno inizio il l'8 novembre 1852 e si concludono dopo tre gradi di giudizio il 27 giugno 1854. Il Baldi, un ragazzo di 25 anni, oste e birocciaio, era accusato di complicità in rapina ed anche di omicidio. I fatti, così come accaddero, vengono descritti in tutti e tre i gradi di giudizio nella notificazione inviata dopo la sentenza al Comune di Castel Guelfo.

Nella mattina del 4 maggio 1849 una Diligenza Pontificia che da Bologna, per la via Emilia, si dirigeva a Roma, venne assaltata da una decina di briganti armati nelle vicinanze di Toscanella. Tra il denaro contenuto nella cassaforte ed altri oggetti trasportati dai viaggiatori, i malviventi si appropriarono dell'ingente valore di oltre mille scudi.

 

I briganti, attraversato il fiume Sillaro, si erano poi dati alla fuga verso Medicina. La notizia della rapina cominciò a circolare in fretta quando la banda di masnadieri arrivò poco lontano dalla Villa degli Hercolani denominata “La Crocetta” e precisamente presso la casa colonica del Sig. Agostino Martelli.

 

Villa Hercolana nel 1832Fu allertata la Guardia Civica di Medicina, che con un buon numero di militi si diresse sulle tracce dei malfattori. Una volta arrivati nei pressi di Villa Hercolani, non vedendo nessun movimento in particolare, si divisero in più drappelli. Uno di questi, giunto a pochi passi dalla casa del Martelli si accorse della presenza di diversi uomini armati ma li scambiò per uno dei loro drappelli e proseguì.

Fu un errore fatale, poiché i briganti attesero il loro passaggio e poi fecero fuoco cogliendoli alle spalle e uccidendo i sottotenenti Emilio Mongardi ed Enrico Miserocchi, ferendo gravemente il milite Bovaretti e lievemente il milite Chiodoni.

 

Approfittando del caos creato dall'inaspettato scontro a fuoco, i briganti scapparono verso Massa Lombarda, andando a riposare all'argine del Correcchio, dove si cambiarono e si liberarono di altri effetti e carte che furono poi ritrovati da un altro drappello di soldati e poi verso sera si addentrarono nel bosco verso le valli di Campotto.

 

Fra i molti testimoni che videro il gruppo di briganti nel lungo cammino percorso in quella giornata, ci fu chi riconobbe Giuseppe Afflitti detto Lazzarino di Cantalupo e luogotenente del Passatore, Domenico Sorghi detto Sorghetto di Castel Guelfo, Giuseppe Tirapani e molto probabilmente anche Giacomo Contoli detto Castellanaccio, entrambi di Sesto Imolese. Erano tutti famigerati banditi, legati alla banda del Passatore e noti alle autorità, ma ai tempi del processo, tre anni dopo, solo Afflitti era sopravvissuto ed ancora contumace.

 

E Tommaso Baldi che c'entrava? Una serie di elementi lo collegavano alla banda capitanata dal Lazzarino ed ai fatti avvenuti a Toscanella: diversi rapporti politici e la voce pubblica lo ritenevano un probabile complice della banda, aveva la fama di delinquente ed era stato processato per diversi furti.
Ma questi elementi da soli non sarebbero bastati per un'accusa ufficiale, se nel corso dell'indagine non fossero emersi altri indizi.

Furono infatti tre le testimonianze che incastrarono il Baldi, tutte e tre di persone che lo conoscevano.

 

Il primo testimone dichiarò che il giorno della rapina, all'una del pomeriggio, mentre stava lavorando il suo campo poco distante dalla Crocetta Hercolani, vide la banda di malfattori armati attraversare il suo terreno e riconobbe in uno di questi il Baldi, che gli avvicinò domandandogli del vino. Quando lui replicò che non ne aveva, il Baldi si recò con un altro brigante in casa sua a prenderne. Qui incontrò la moglie, il secondo testimone, la quale dichiarò agli inquirenti di aver riconosciuto il Baldi in uno dei due briganti che all'improvviso le erano entrati in casa e si erano serviti di vino e pane, dirigendosi poi verso la Villa Hercolani, dalla quale dopo circa un quarto d'ora si udirono gli spari dello scontro con i militi della Guardia Civica.

La terza testimonianza venne resa da una persona molto vicina al Baldi, qualcuno di cui lui probabilmente si fidava molto.

Nel periodo in cui si indagava sui colpevoli della rapina, Tommaso Baldi era stato condotto nelle carceri di Imola perché fortemente sospettato e probabilmente ebbe modo di riflettere sulle conseguenze che un'eventuale confessione dei due testimoni che aveva incontrato il giorno della rapina avrebbe potuto scatenare. Approfittando di quello che gli atti definiscono il “carcere largo”, ebbe modo di ricevere la visita di una sua giovane amante e di chiederle di recarsi dai due testimoni e di avvisarli che se mai fossero stati chiamati ad esame giudiziale, si guardassero bene dal manifestare di averlo visto quel giorno.

Ma rimase deluso: i due non si lasciarono spaventare, raccontarono al giudice l'accaduto e denunciarono anche la sua giovane amante, che fu costretta a confessare l'accaduto sotto giuramento.

 

Esecuzuone capitale di un briganteA Tommaso Baldi non rimaneva che ammettere la sua implicazione nella rapina e nei delitti, ma invece pensò di screditare le testimonianze di queste tre persone rivelando in un secondo costituto che dalla mezzanotte del 3 fino alla mezzanotte del 4 maggio era sempre stato a Castel Guelfo, dentro la sua casa o nella stalla dei cavalli.
La scusa chiaramente non resse ed anzi aggravò con la menzogna la sua complicità nei reati commessi.

Il Tribunale dichiarò Tommaso baldi colpevole, in qualità di complice, di grassazione con rapina e di omicidio.

Per la rapina da sola, che non aveva comportato ferite o lesioni agli aggrediti, la pena era il carcere a vita. Ma gli omicidi commessi, comprese le ferite procurate “con animo deliberato”, erano puniti con “l'ultimo supplizio”, ovvero la morte.

 

Il 1° giugno 1854, alle ore 8, sul largo della strada provinciale prossima alla Locanda del Pellegrino di Medicina, venne data esecuzione alla sentenza. Tommaso Baldi venne decapitato davanti a quello che Luigi Stagni, Cursore del Governo di Medicina, definì “molto popolo”.

 

Tommaso Baldi era il complice meno furbo di quei “banditi ond'erano di quel tempo funestate le strade”, come ben vien descritto nel resoconto. Un colpevole condannato, secondo il Pontificio Tribunale d'Appello, “senza eccesso nell'applicazione della pena”, anche se rileggendo i fatti della storia si può dire che il fenomeno del brigantaggio, nato da un equilibrio sociale sconvolto da carestie e caos politico, sarebbe stato ben lungi dall'essere risolto in questo modo.

 

 

Documenti, link ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:

 

  • Resoconto degli atti processuali nei confronti di Baldi Tommaso conservato nell'Archivio Storico Comunale di Castel Guelfo di Bologna (busta n. 17.20 Legislazione – anno 1853 – Stampe governative pubblicate nel mese di agosto).
    Ringrazio Gianluigi Tozzoli, Assessore alla Cultura del Comune di Castel Guelfo di Bologna, per avere inoltrato alla mia attenzione questi interessanti documenti.

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