L'abbandonato Seminario dei Padri Passionisti di Casalecchio di Reno
Il sentiero è di qua, non c'è il rischio di sbagliare. L'imponente mole abbandonata del mai stato "Seminario dei Padri Passionisti", meglio (o peggio) noto come "Mostro di Casalecchio", è proprio davanti a noi, circondato da una folta vegetazione, e domina dalle verdi colline l'abitato di Casalecchio di Reno.
Â
La storia di questo edificio cominciò a metà degli anni Cinquanta, quando i Padri Passionisti proposero al giovane architetto Glauco Gresleri di realizzare un complesso da dedicare a Seminario, il cui progetto fu autorizzato dalla Soprintendenza il 9 agosto 1963. Gresleri decise di coinvolgere in questa avventura gli architetti Nevio Parmeggiani e Umberto Daini, coi quali aveva condiviso in quegli anni alcune esperienze architettoniche.
Â
Il progetto definitivo, di particolare complessità per elementi strutturali ed intersezioni, prevedeva un edificio composto da un percorso unico, che immetteva in salita alle stanze ed in discesa ai servizi (mensa, scuola, etc), aspetto ancora oggi osservabile nelle numerose scalinate, sia principali che secondarie, che collegano i vari mezzanini, piani ed interpiani. La struttura comprendeva inoltre numerose camere, una chiesa, una cappella, un convento, ambienti di contatto con il pubblico, aule di studio, etc. Al piano più alto, la grande terrazza, o meglio loggia, era ispirata a quella realizzata da Le Corbusier al Convento di Santa Maria de la Tourette nei pressi di Lione, con muri alti per guardare soltanto il cielo e l'orizzonte. Questa idea di grandi fessure, moduli o "blocchi" distanziati dai quali la luce entra ma senza invadere gli spazi, o dai quali è possibile focalizzare lo sguardo solo su un'area ben definita dello spazio circostante, è riscontrabile in gran parte degli ambienti dell'edificio.
Â
I tre architetti realizzarono un plastico del progetto. Poco prima del trasporto lo fotografarono, segretamente speranzosi che avrebbe potuto accendere un dibattito architettonico nello scenario del mondo culturale bolognese. Ma dopo lo scatto, il plastico si disintegrò davanti ai loro occhi per motivi incomprensibili. Col senno di poi, viene da pensare che questo fosse un segno premonitore della vicenda che avrebbe interessato l'edificio.
Â
Infatti, i lavori per la costruzione del "Villaggio del Fanciullo" (questo il nome scelto per la struttura), ebbero inizio nel 1964, ma si interruppero poco dopo. Il progetto prevedeva cinque lotti, dei quali solo due vennero ultimati e completati di pavimenti, infissi, tende, riscaldamento e centrale termica munita di due o tre grosse caldaie già collaudate. Proprio mentre le fondazioni del terzo lotto furono ultimate, arrivò un nuovo priore, Padre Eustizio Stazzi, che si occupò di comunicare all'architetto Glauco Gresleri la decisione dei Padri Passionisti di interrompere i lavori.
Â
Perché questo improvviso dietro-front? Si dice che a causa del crollo delle vocazioni sacerdotali, i Padri Passionisti si resero conto che quell'imponente struttura che stavano facendo costruire, era ormai diventata sproporzionata alle nuove esigenze di quell'epoca in evoluzione. Ma, detta in un parole povere, è probabile che i fondi stanziati, scarsi fin dall'inizio, non fossero sufficienti a finanziare l'evolversi del cantiere.
Quando il progetto del "Villaggio del Fanciullo" fu messo da parte, l'edificio fu gradualmente "aggredito": arrivarono camion e trattori che portarono via tutto quello che era già stato montato, come le cucine e le caldaie. E poi i vandali fecero il resto. Il tutto, probabilmente, sotto lo sguardo indifferente dei Padri Passionisti, la cui sede si trova a soli 300 metri di distanza.
Â
Una delle storie più interessanti legate all'impegnativa distruzione e spoliazione dell'edificio, è quella della grande vetrata di circa 8 metri di lunghezza per 2 di altezza che si trovava dietro la cappella. L'aveva fatta realizzare Giuliano Gresleri, fratello di Glauco, attraverso la Vetreria Grassi di Milano. Si trattava di una vetrata molto complessa, costituita da elementi molto piccoli e legata in piombo, talmente potente dal punto di vista comunicativo che le persone che per anni hanno distrutto l'edificio non si sono azzardate a toccarla. Quando l'edificio venne acquistato dalla Grandi Lavori, che intendeva farne una sede OIKOS, l'architetto Gresleri chiese a Mauro Tamburini, titolare della Grandi Lavori, di rimuovere quella vetrata per salvarla e tenerla nei suoi depositi fino a che non si fosse deciso cosa farne. Ma la vetrata scomparve per sempre e nessuno sa più dove sia finita.
Â
Col tempo, il "Villaggio del Fanciullo" divenne, prima per gli abitanti di Casalecchio e poi per tutti, il "Mostro di Casalecchio", l'imponente ed incompresa mole di cemento armato che ancora oggi domina le verdi colline sopra la città .
Â
Da un'intervista all'Architetto Gresleri, che risale ad alcuni anni fa, comprendo quanto l'abbandono di questo progetto da parte di chi l'aveva commissionato sia stato per lui una delusione grandissima, per la passione e le risorse messe in esso.
Ci furono diversi tentativi di riqualificazione - come albergo, casa di riposo, o centro polifunzionale e culturale - che però andarono tutti a vuoto. E non si comprende come mai, dal momento che questa struttura è ancora oggi oggetto di studio da parte delle facoltà di architettura e riscosse l'interesse di architetti importanti che vennero a visitarlo, come Obrerie, allievo di Le Corbusier, Royer,Soleri e Breuer, che rimasero piuttosto colpiti dalle sue caratteristiche.
Â
Oggi le visite all'edificio sono di ben altro tipo: amanti dell'urbex, writers, guerriglieri urbani, ragazzi ribelli desiderosi di avventura. Io credo che la presenza continua in questo luogo di persone dagli interessi così diversi, sostanzialmente privi di una connessione tra loro, abbia marchiato il luogo di tracce, immagini, atmosfere, che col tempo hanno cominciato a sovrapporsi solo come a voler prevalere l'una sull'altra ed incapaci di creare una nuova visione d'insieme del sito. L'interesse è dunque alto, ma privo di "continuità espressiva".
Â
Eppure, come affermò l'Architetto Glauco Gresleri durante la sua intervista: "In questo momento, nel suo abbandono, nella sua totale distruzione, l'edificio ha ancora una forza poetica". Una poetica che non ha a che fare con gli interventi, tutt'altro che armonici, successivi all'abbandono, ma con la concezione della struttura architettonica.
Pur non essendo un'esperta in materia, osservando i raggi del sole che filtrano dalle grandi fessure illuminando modularmente gli interni, ho la sensazione che questa poetica abbia a che fare soprattutto con la luce. Credo che i tre architetti, durante la loro progettazione, abbiano tenuto conto di quanto essa sia diversa da luogo a luogo e tenuto in considerazione l'ambiente che avrebbe circondato l'edificio, progettando una struttura grandiosa, di quelle destinate a resistere alla prova del tempo. Il loro progetto non ha mai visto una conclusione dal punto di vista costruttivo, ma da quello progettuale ha creato presenza.
Â
Possiamo rendercene conto mentre silenziosamente ce ne allontaniamo, tornando da dove siamo arrivati. In qualche modo, una volta usciti, comincia a mancarci il senso dello spazio, coi suoi vincoli e le sue regole ma anche con la sua libertà espressiva, che questa costruzione è riuscita a conquistare ed a mantenere anche dopo più di cinquant'anni.
Sensazioni che solo un audace progetto architettonico, difficilmente imitabile ai nostri giorni, può far provare a chiunque visiti questo luogo con l'intenzione di comprenderlo.
Bibliografia, documenti, links ed altri materiali utili alla scrittura dell'articolo:
Â
- Ricerca sul Seminario dei Padri Passionisti – libro di ricerca e progettazione a cura di Nicola Zanarini – Università degli Studi di Firenze – DIDA Dipartimento di Architettura (2017)
La ricerca è completa di un'interessante intervista all'Architetto Glauco Gresleri. Le immagini dei progetti e del plastico dell'edificio sono tratti da questo documento. - "Il Mostro di Casalecchio. Una storia italiana" – Ricerca a cura di Nicola Focci tratta dal sito nicolafocci.com
- "Mostro di Casalecchio" su beniculturalionline.it
- "Doveva essere un convento e fu abbandonato. Un 'mostro' nella aule di architettura" - Il Resto del Carlino, Bologna (16/09/2008)
- "Perla architettonica diventata eco-mostro" – Il resto del Carlino, Bologna (17/03/2012)
- "Seminario dei Padri Passionisti" a cura di Massimiliano Calamelli di Spazi Indecisi (11/2013)
- "Il Mostro di Casalecchio. Esplorazione completa con drone" – Video a cura del canale Youtube "HumanSafari" (30/10/2016)
- Gli architetti:
- Glauco Gresleri (1930-2016)
- Nevio Parmeggiani (1930)
- Umberto Daini: ha insegnato nella specializzazione edilizia dell'Istituto Aldini Valeriani di Bologna. Ha progettato importanti complessi edilizi, come il centro sportivo Record di San Donato, il nuovo istituto Aldini ed altri edifici, sconosciuti ma che hanno anticipato forme attuali, come la casa per abitazioni in via Laura Bassi a Bologna.Â
- Altri approfondimenti:
- Congregazione della Passione di Gesù Cristo su Wikipedia
- Convento di Santa Maria de la Tourette su Wikipedia - Un grazie agli amici che mi hanno accompagnato in questa avventura urbana e che hanno gentilmente fornito alcune delle foto pubblicate in questo articolo.
- L'album delle foto scattate durante la nostra esplorazione urbana è pubblicato al link "Urbex – Mostro di Casalecchio"