Tipologia: Anfora, reperto archeologico
Collocazione: Museo Archeologico del Territorio di Populonia, Piombino (LI)
L'Anfora di Baratti è collocata nella parte finale del percorso del Museo Archeologico del Territorio di Populonia a Piombino. E' un manufatto di rara bellezza ed inestimabile valore, realizzato in argento quasi puro, probabilmente alla fine del IV secolo. Proveniva forse da Antiochia di Siria quando andò perduta nel corso di un naufragio al largo del Golfo di Baratti.
A rinvenirla nel 1968 fu un pescatore pugliese, Gaetano Graniero. Il manufatto prima di essere portato a bordo del peschereccio, fu involontariamente ma gravemente danneggiato dall'estremità di un'ancora.
Ignorando l'obbligo previsto dalla legge di denunciare i ritrovamenti di interesse artistico ed archeologico, il Sig. Graniero e la moglie scrissero una lettera alla Segreteria particolare della Presidenza della Repubblica per offrire il ritrovamento in dono al Presidente Saragat, nella speranza di ottenere una forma di riconoscimento economico. Dopo alcuni giorni il Nucleo di Polizia Tributaria si presentò a casa Graniero per sequestrare l’anfora di Baratti, che, una volta esaminata dalla Soprintendenza Archeologica di Firenze e riconosciuta nel suo valore, valse al pescatore 2 milioni di lire, ricompensa corrispondente a un quarto della stima dell’opera, secondo la perizia dell’epoca.
L'anfora, che poteva contenere fino a 22 litri di vino, presenta i segni per l'attaccatura di due manici, non rinvenuti ed era probabilmente destinata ad abbellire una mensa rituale.
La tecnica di realizzazione dei medaglioni dell’anfora di Baratti è ancora incerta: essi racchiudono figure maschili e femminili della mitologia classica, con una disposizione che risponde ad un criterio ben preciso sia nella cadenza che nei temi scelti: nelle 132 applicazioni ovali riconosciamo infatti, oltre ai mesi dell'anno e le quattro stagioni, anche Zeus, Era, Afrodite, Atena, Apollo, Ares, Attys, Dioniso.
Questo manufatto non è quindi solo un raro pezzo di argenteria tardoantica, ma anche un documento che testimonia il persistere della cultura pagana in alcune frange di popolazione dell'Impero Romano anche dopo la conversione statale al Cristianesimo.
Dopo il lungo restauro l'Anfora di Baratti ha acquistato un valore inestimabile e dal 2001, dopo essere stata a lungo al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, è entrata a far parte della collezione permanente del Museo archeologico del Territorio di Populonia a Piombino, del quale è diventata il simbolo.
Fonti di informazione e immagini:
- "L’anfora di Baratti, la storia di un capolavoro ritrovato" – articolo a cura di viaggiatricecuriosa.it (7 settembre 2020)
- "Anfora di Baratti" su Wikipedia
- "Piombino, il mare racconta: l'Anfora Argentea di Baratti – il naufragio di un mondo" – articolo a cura di toscanaovunquebella.it
- "Il vino e l'Anfora di Baratti" – articolo a cura di Marcello Carriero su carlozucchetti.it (3 maggio 2015)





